Produzione tessile ad Ascoli Piceno

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Il lavatoio[modifica | modifica sorgente]

Lavatoio Pubblico Ascoli Piceno

Il lavatoio di Ascoli Piceno, che si trova a Porta Cappuccina, è costruito prevalentemente in travertino, ed è suddiviso in cinque arcate separate da una serie di colonne.

Utilizzato anticamente per il lavaggio dei panni, era anche impiegato per la tintura degli stessi; infatti, se bagnati con l'urina e con erbe, come il guado, le stoffe si tingevano di una colorazione sui toni del blu, e successivamente, venivano sciacquate in questo sito.

Il lavatoio è legato alla leggenda di Sant’Emidio, che narra la storia del patrono di Ascoli Piceno che, non avendo l’acqua a disposizione per battezzare tutti i fedeli, prese un sasso che poi gettò a terra, e una volta caduto si aprì facendo sgorgare dalla fontana molta acqua. In ricordo di questo miracolo, il lavatoio si chiama oggi "Fonte S. Emidio".

Ancora oggi il lavatoio è frequentato da signore che ci lavano i propri panni.

Rua dei Tessitori[modifica | modifica sorgente]

La rua dei tessitori ad Ascoli piceno è una delle tante rue che si trovano al centro della città.

Dal suo nome si può dedurre che un tempo fosse occupata da botteghe e da artigiani che producevano tessuti di vario genere in stoffa, lana, cotone. Ad Ascoli infatti, nel Medioevo, si lavorava la canapa per ricavarne tessuti, poi nel Rinascimento la città si è distinta per la produzione della lana e, in tempi più moderni, per la bachicoltura e la produzione della seta; dunque Ascoli Piceno ha sempre avuto un’economia ricca nel settore della produzione e lavorazione di stoffe e tessuti. Un tessuto particolare era quello di colore blu che si otteneva dalla macerazione delle stoffe con le urine, e che consentiva di ottenere varie tinteggiature. A quei tempi Ascoli era gemellata con Venezia e tale amicizia incrementava anche l’intensità dei commerci di stoffe, e la rendeva ancora più ricca.

La canapa[modifica | modifica sorgente]

Canapa
Canapa

La canapa viene coltivata da secoli nel territorio ascolano. Le origini di questa produzione si perdono nel tempo: viene nominata già dalla fine del XIII secolo nelle cronache e anche negli studi basati sulle informazioni, seppure indirette, contenute negli Statuti Comunali. Da questi ultimi risulta che, tra il XV ed il XVI secolo, la valle del Tronto costituisce nelle Marche il maggior polo di coltivazione nella canapa.

Nel XVI secolo nel Piceno si assiste ad un cambiamento radicale del paesaggio agrario: cominciano a diffondersi i contratti di mezzadria ed il podere è la nuova struttura produttiva tendente all’autosufficienza caratterizzata dalla policoltura. Il Settecento, in Italia e non solo, segna il perfezionamento della policoltura poderale: la crescita dei prezzi di cereali, la coltura del mais, l’incremento demografico e la costituzione di famiglie contadine polinucleari permettono l’introduzione di colture come la canapa. In una ricerca del 1892 sulle Condizioni industriali della Provincia di Ascoli Piceno, nella sezione dedicata alla "industria tessile casalinga", risultano nel circondario di Ascoli ben 1252 telai per lino e canapa, di cui oltre 700 solo nei paesi della valle del Tronto. È proprio in questo periodo che la canapa diventa, nel circondario di Ascoli, una delle principali colture, assieme al frumento ed al granoturco.

Nel 1951 dopo si assiste alla diminuzione di questa coltivazione. Questo fenomeno è dovuto non solo alla concorrenza delle fibre sintetiche, ma soprattutto dal rifiuto degli operai agricoli di lavorare nelle maleodoranti vasche di macerazione. La crisi della canapa è stata causata dall’incapacità di trovare in tempo un sistema di macerazione industriale, aggiornando le modalità per coltivarla e produrla.

La coltivazione dei bachi da seta[modifica | modifica sorgente]

Un baco da seta mentre si nutre
Un baco da seta mentre si nutre

Ad Ascoli si può ammirare palazzo Gallo Tarlazzi, progettato nel 1910 da Vincenzo Pilotti su incarico di Gallo Tarlazzi, un agente commerciale di seta. Egli si trasferì ad Ascoli con la famiglia per intraprendere l’attività della bachicoltura. Nel 1927 operavano in Italia nel settore 148 ditte: fra queste, ben 52 nella sola provincia di Ascoli con una produzione di 450 mila once di seta, ovvero quasi 12 tonnellate, quantità molto importante considerando che ogni singolo bozzolo pesa meno di mezzo milligrammo. Diverse erano le ditte autorizzate a vendere il seme per il baco da seta che avevano lo stabilimento in Ascoli Piceno, fra queste c’era quella di Gallo Tarlazzi.

I maggiori clienti si trovavano in Europa e persino in Giappone. In particolare ad Ascoli si realizzava un tipo particolare di seta, detta “giallo ascoli” che veniva moltissimo apprezzato dalla famiglia imperiale Giapponese. In città si può trovare Rua della seta, che fiancheggia un palazzo, oggi sede della Libreria Rinascita, che ospitava un importantissimo sito di produzione bacologica.

Purtroppo il ricco periodo di produzione termina con la nascita delle fibre artificiali, infatti nel 1937 la produzione ascolana si era assestata sulle 40 mila once, contro le 450 mila del 1927.