Scuola Rignon

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Scuola Primaria Rignon

La scuola primaria Felice Rignon si trova a Torino, in via Massena 39, all’incrocio con via Pastrengo.

La scuola Felice Rignon.jpg

Storia[modifica | modifica sorgente]

La città di Torino è stata storicamente molto sensibile sui temi dell'istruzione popolare. Prima del 1848 le classi di scuola elementare pubbliche in città erano già 25. Allora erano obbligatorie solo la prima e la seconda classe, ma senza alcuna sanzione per chi non vi si atteneva. Con la Legge del 13 novembre 1859, la cosiddetta Legge Casati, si introduce l’obbligo di istruzione elementare in maniera più coercitiva e i Comuni si affrettano a realizzare opere di edilizia scolastica per venire incontro alle nuove esigenze. Nel 1877 la Legge Coppino eleva ulteriormente l’obbligatorietà da due anni (per le scuole rurali) a tre. Il quartiere San Secondo all’epoca si stava trasformando da zona agricola di periferia a zona urbana. Erano già attive alcune scuole: la Zuccotti, un istituto maschile in via Gioberti 6; la scuola Monviso, in via Gioberti 10; la scuola Maria Tassotti, in via Gioberti 32; la scuola Sant’Anna, in via Massena 40 e infine la scuola elementare mista Ancilla Ferrante, in via San Secondo 10. La nuova dimensione che la zona andava assumendo progressivamente, non più frazione o sobborgo, bensì vero quartiere, impone la realizzazione di vari servizi. La scuola Rignon sorge su un terreno donato nel 1877 dall’allora consigliere comunale Felice Rignon. Fu progettata dall'ingegner Pecco e inaugurata nel 1879. L’edificio di tre piani fuori terra, dalla forma rettangolare, era composto da 25 aule. Secondo le indicazioni contenute nelle “Norme per la costruzione e l’arredamento degli edifici delle scuole elementari municipali" l‘edificio doveva prevedere una rigida divisione degli spazi per maschi e femmine, comprese le scale e gli ingressi. Inoltre doveva trovarsi lontano da fabbriche o opifici rumorosi e dalle vie di maggior commercio. L’edificio doveva , infine, essere esposto a sud.

Edificio[modifica | modifica sorgente]

La facciata della scuola ricalca uno stile eclettico, caratterizzato da decorazioni che ricordano il bugnato rinascimentale, e questo è l’unico vezzo, perché Il progetto privilegia aspetti funzionali piuttosto che formali. Erano previsti due ingressi, due palestre e circa dodici aule suddivise tra il primo piano, maschile, e il secondo, femminile. Gli ingressi, diversamente da oggi, erano su via Pastrengo. Questo particolare è ancora visibile osservando con attenzione la facciata laterale: le finestre delle aule centrali hanno una cornice diversa dalle altre; in corrispondenza dei portoni ormai murati, è rimasto un gradino di pietra. Le aule non avevano spigoli ma muri curvi, in osservanza delle Norme già citate. Un primo ampliamento fu necessario già nel 1888: una delle due palestre fu sopraelevata così da ricavare quattro ulteriori aule. Verso la fine dell’Ottocento si spostarono gli ingressi da via Pastrengo a via Massena e via Gioberti. Altri lavori interessarono l’edificio negli Anni Venti e Trenta, in particolare un’aula venne adibita a Museo Scolastico, uno spazio dove venivano riposte le cassette didattiche, i materiali e gli strumenti per esperimenti scientifici, minerali e animali impagliati. Prima dello scoppio della Seconda Guerra Mondiale la scuola contava 870 alunni. Nella notte dell’8 agosto 1943 un bombardamento distrusse completamente il tetto e i tre piani all’angolo tra via Gioberti e via Pastrengo. L’ultimo intervento di ristrutturazione degli anni 1988-89 ha portato alla distribuzione attuale degli spazi interni e ha conservato le facciate originali. All’interno, oltre alle scale in pietra di Luserna, risalenti ancora alla prima costruzione, restano apposte, davanti alle classi soprattutto del primo piano, delle targhe in gesso che riportano nome e date di nascita / morte di ex allievi della scuola, deceduti in guerra tra il 1915 e il 1918.

Nell’atrio, lato via Massena, è ancora collocata una lapide che elenca e commemora tutti gli ex alunni caduti durante la prima guerra mondiale. Tale lapide fu offerta dal prof. Francesco Montalenti e collocata durante il periodo fascista. Si tratta di una lapide realizzata in una pietra commercialmente definibile come “marmo verde” (in realtà è una oficalcite proveniente dalle Alpi piemontesi) commissionata alla Ditta Catella.

Organizzazione dei plessi[modifica | modifica sorgente]

Fino al 1997, insieme alla scuola “Falletti di Barolo”, la scuola era circolo didattico. Successivamente divenne succursale della scuola Tommaseo, quindi passò, nel 2000, al circolo Didattico “Michele Coppino”. Oggi il plesso Rignon fa parte dell’Istituto comprensivo “Corso Matteotti-Rignon” insieme alla scuola primaria Carducci e alla scuola secondaria di primo grado “Lorenzo il Magnifico". Ai primi del 900, per un breve periodo, la scuola ospitò le classi della scuola media U.Foscolo.

Alunni illustri[modifica | modifica sorgente]

Nell’anno scolastico 1915-16 il filosofo e senatore Norberto Bobbio frequentò la classe prima della scuola Rignon. In realtà in quegli anni, durante la prima guerra mondiale, l’edificio attuale era occupato dai militari, pertanto gli alunni vennero collocati in altri luoghi. Bobbio andò a scuola per il primo anno presso l’asilo San Secondo e in quelli successivi nella struttura dell’albergo Virtù, in via San Secondo, all’angolo con la piazzetta del mercato. Lo scrittore e chimico torinese Primo Levi risulta iscritto alla prima classe nell’anno scolastico 1925-26. L’agronoma Elena Ottolenghi fu una delle quattro bambine ebree a essere stata espulsa dalla scuola Rignon durante le leggi razziali. Avrebbe dovuto frequentare la classe quarta elementare a partire dall’autunno del 1938, ma fu obbligata a cambiare scuola ed iscriversi alla scuola ebraica.

Bibliografia[modifica | modifica sorgente]

  • “Norme per la costruzione e l’arredamento degli edifizi delle scuole elementari municipali” (Municipio di Torino 1879)
  • Dossier realizzato dalla scuola Rignon in occasione dell’iniziativa” la scuola adotta un monumento”, 1997
  • Registri e documenti originali conservati presso l’archivio della scuola.
  • Maurizio Ternavasio,Crocetta. Storia di un quartiere, 2008

Collegamenti esterni[modifica | modifica sorgente]