Ordini religiosi

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Il Monachesimo[modifica | modifica sorgente]

Sant'Antonio e la nascita del monachesimo eremitico[modifica | modifica sorgente]

La vita di Sant’Antonio abate si conosce grazie alla biografia scritta da Sant’Anastasio, vescovo di Alessandria d'Egitto. Gli studiosi considerano lo scritto sostanzialmente attendibile. Nato ad Eracleopoli, nel Medio Egitto, Antonio si ritirò a vita eremitica nel 270 circa. Dopo 15 anni si rifugiò in un castello, in un in cui stette per altri vent’anni. Là gli si unirono alcuni discepoli. Successivamente si ritirò nel deserto presso il Mar Rosso, dove trascorse gli ultimi anni della sua vita più che centenaria, morendo nel 356 circa.

Le reliquie di Sant'Antonio vennero ritrovate nel 516 e riportate ad Alessandria d'Egitto. Durante un'epidemia di peste molti furono i devoti che si recarono sulla tomba del Santo, pregandolo di guarirli o di risparmiarli.

L'iconografia lo rappresenta vestito di un saio con cappuccio, lunga barba bianca, un bastone e un maialino ai piedi, simbolo delle passioni che egli aveva dominato. Perciò il 17 gennaio, giorno in cui cade la sua ricorrenza liturgica, ogni proprietario di animali si reca con il proprio bestiame o con il proprio animale domestico presso una chiesa dedicata al Santo per farli benedire.

Sant'Agostino d'Ippona e la vita comune del clero[modifica | modifica sorgente]

Sant'Agostino nacque a Tagaste in Numidia, attuale Algeria, il 13 novembre 354, da una famiglia di piccoli proprietari terrieri. Dalla madre ricevette un'educazione cristiana; ma dopo aver letto l'Ortensio di Cicerone, abbracciò la filosofia, aderendo al platonismo e al manicheismo. Risale al 387 il suo viaggio a Milano, città in cui conosce sant'Ambrogio, che portò a compimento il suo processo di conversione e lo battezzò. Da allora, soprattutto come Vescovo di Ippona, nell'attuale Algeria, scrisse numerosissime opere teologiche, mistiche, filosofiche e polemiche. È stato tra i promotori, insieme anche a sant'Eusebio di Vercelli, della vita comune del clero in Occidente. Morì il 28 agosto 430, mentre Ippona era assediata dai Vandali.

Agostiniane[modifica | modifica sorgente]

Con questo termine si indicano comunemente le monache che vivono secondo la Regola scritta da sant'Agostino d'Ippona. Ciascuna monaca, al proprio nome, aggiunge la sigla O.S.A. (Ordo Sancti Augustini = Ordine di Sant'Agostino).

Uno dei monasteri agostiniani più antichi e tuttora abitato è quello di Oberndorf, nel Wüttemberg, in Germania, la cui fondazione è datata 27 maggio 1264. Più recente è la fondazione del monastero Maria Mater Unitatis, a Miasino, in provincia di Novara. La chiesa, dedicata a sant'Antonio da Padova, risale al 1656 ed è la parte più antica della struttura In essa hanno abitato anzitutto le Visitandine, poi le Orsoline, che aprirono una scuola per le fanciulle. Dal 1831 al 1929 vi abitarono monache sotto la regola di sant'Agostino e le costituzioni delle Orsoline di San Carlo. Dal 1977 a oggi il monastero è abitato dalle Agostiniane.

San Benedetto da Norcia[modifica | modifica sorgente]

Per ricostruire la vita di san Benedetto da Norcia ci dobbiamo basare solo su una fonte: I dialoghi di San Gregorio Magno, scritto nel 592, cioè 50 anni dopo la morte di San Benedetto. La sua benestante famiglia d'origine volle farlo studiare nella capitale. Disgustato da come vivevano i suoi coetanei, si trasferì nel villaggio di Affile, dove visse un periodo di vita eremitica e dove venne successivamente eretto un monastero. Dall'esperienza di vita eremitica uscì rinnovato e pronto ad accogliere altri che volevano seguire il suo esempio: inizia così la fase cenobitica. Fondò un monastero a Subiaco e poi, nel 529, a Montecassino. Il 21 marzo 547 San Benedetto conclude il suo pellegrinaggio terreno lasciandosi alle spalle una regola e una famiglia monastica, appunto quella benedettina.

Statua di Santa Scolastica nel monastero di Montecassino

La regola di San Benedetto da Norcia è un testo che non ha mai perso la sua validità. Definita dal suo autore una regola "minima per principianti", è un codice monastico di grande equilibrio ed anche un testo che può ospitare il cammino di ogni cristiano che voglia veramente seguire il Signore Gesù. La proclamazione di San Benedetto patrono d'Europa è il riconoscimento del peso spirituale, politico ,sociale e culturale che il Santo e i suoi discepoli hanno avuto per la costruzione del continente europeo.

Santa Scolastica da Norcia[modifica | modifica sorgente]

Santa Scolastica fu sorella di san Benedetto da Norcia. Decise di consacrarsi al Signore quando era molto giovane e da subito iniziò vita monastica comune insieme a un gruppetto di altre. Donne. Della sua vita si conosce ben poco: ne parla il secondo libro dei Dialoghi di San Gregorio Magno, dove Papa racconta dell'incontro annuale che aveva con il fratello. Nell'ultimo incontro Santa Scolastica desiderava trattenersi di più, ma San Benedetto non voleva infrangere la Regola; allora ella si raccolse in preghiera, facendo così scoppiare un forte temporale che obbligò entrambi e restare nella piccola capanna dove di trovavano. Tre giorni dopo, Santa Scolastica morì e San Benedetto la fece seppellire nel monastero di Montecassino.

Benedettine dell'Isola di San Giulio[modifica | modifica sorgente]
Veduta dell'isola di San Giulio (No) con al centro la grande struttura del monastero

Una recente e florida fondazione benedettina è quella dell'Abbazia Mater Ecclesiae situata sull'isola di San Giulio, sul lago d'Orta, in provincia e diocesi di Novara. Fino al 2018 ne è stata badessa la sua fondatrice, Anna Maria Cànopi, scrittrice di libri sulla spiritualità e profonda erudita della letteratura patristica; alla sua morte le è succeduta madre Maria Grazia Girolimetto.

L'insediamento monastico, intitolato a Maria Madre della Chiesa, risale al 1973, come una fondazione dell'abbazia di Viboldone (MI). Le sei monache, guidate da Anna Maria Cànopi, giunsero sull'isola stabilendosi nell'ex palazzo vescovile. Con il rapido aumento del numero delle vocazioni, nel 1989 la comunità si trasferì al centro dell'isola, nella sede dell'ex seminario diocesano. Nell'abbazia vivono oggi circa ottanta monache benedettine, che conservano e tengono viva la tradizione di Guglielmo da Volpiano, nato nel 962 nell'isola di san Giulio, il quale contribuì fortemente alla diffusione del monachesimo in Europa. Nell'abbazia si svolgono ricerche e studi su testi antichi e traduzioni.

La comunità ha anche dato vita a un nuovo monastero, nato dagli sforzi di una delegazione inviata dalla madre badessa: il monastero Regina Pacis a Saint-Oyen, che conta circa 14 monache.

Gli ordini religiosi delle riforme medioevali[modifica | modifica sorgente]

San Bruno e i Certosini[modifica | modifica sorgente]

Bruno, nato in Germania intorno al 1030, studiò presso la scuola della Cattedrale di Reims. Fu promosso Dottore e Canonico e nel 1056 diventò Maestro. In città c'erano motivi di scandalo, da cui il clero non era esente. Superata una lotta interiore, Bruno decise di dedicare interamente la sua vita a Dio. Dopo un tentativo di vita solitaria andò Grenoble dove il vescovo Ugo lo mandò nelle montagne. Nel 1084 Ugo condusse Bruno e i suoi compagni nella valle di Chartreuse, dove costruirono il loro eremo. Dopo 6 anni venne chiamato a Roma dal papa Urbano II come suo consigliere. Si trattenne però per poco tempo, trovandosi a disagio nella corte pontificia. Col consenso del papa fondò un nuovo eremo in Calabria, dove morì il 6 ottobre 1101.

Benedettini riformati[modifica | modifica sorgente]

Camaldolesi[modifica | modifica sorgente]

Il monaco benedettino San Romualdo (Ravenna, tra il 951 e il 953 – Fabriano, 19 giugno 1027), incoraggiato dal vescovo di Arezzo Teodaldo, fondò presso Camaldoli 5 celle e un oratorio dedicato a San Salvatore Trasfigurato. Successivamente furono aggiunte 15 celle al nucleo originario della struttura.

Il monachesimo di San Romualdo affonda le sue radici nella tradizione monastica dell’oriente cristiano e nell’occidente, che si riconosce in San Benedetto. Camaldoli coniuga la dimensione comunitaria e quella solitaria della vita del monaco, aggiungendo la tradizione irlandese dei monaci pellegrini. Per naturale vocazione, Camaldoli ha svolto per un millennio la funzione di ponte fra le tradizioni monastiche di oriente e occidente. Con il concilio vaticano II è tornato a essere luogo d’incontro ecumenico e interreligioso, soprattutto con l'Ebraismo e l'islam.

Tra i monaci di Camaldoli sono da annoverare come Ambrogio Traversari e Benedetto Calati. Ambrogio fu priore generale e fu protagonista dell’umanesimo fiorentino; si distinse come traduttore dei classici greci e partecipò al concilio di Basilea-Ferrara-Firenze per la riunificazione della chiesa latina con quella greca. Benedetto Calati fu priore generale dal 1969 al 1987; fu soprattutto una guida per tanti esponenti della cultura Italiana del sec. XX.

Cistercensi[modifica | modifica sorgente]

Ordine monastico fondato verso la fine del sec XI. per il distacco dall’ordine cluniacense di una corrente rigorista. L’iniziatore fu Roberto di Molesme, che nel 1098 fondò a Citeaux un nuovo monastero, dove furono ristabiliti gli antichi precetti. Le ragioni dello straordinario sviluppo dell’ordine vanno cercate nelle condizioni religiose e morali dell’Europa dopo la lotta per le investiture, ma anche nel favore incontrato dal rigorismo morale della regola cistercense in un’età in cui le aspirazioni al ritorno ai tempi evangelici premevano dal basso con forza irresistibile.

I cistercensi ebbero una particolare importanza nello sviluppo storico dell’architettura: con la costruzione delle loro abbazie in vari paesi europei, contribuirono alla diffusione delle tradizioni costruttive e delle forme architettoniche sviluppatesi in Francia nel sec. XII. I cistercensi riproposero, nella disposizione e nella realizzazione dei loro complessi abbaziali, l’austerità e la monumentalità spoglia e funzionale dei modelli benedettini, in contrapposizione al carattere più esuberante dei complessi cluniacensi e delle cattedrali del Nord della Francia. Le chiese cistercensi erano a croce latina, generalmente a tre navate, coperte da volte a botte. In ossequio alla regola, le facciate furono disadorne e non si innalzarono campanili o torri. La sobria decorazione degli elementi architettonici, così come quella di vetrate e pavimenti, presenta quasi esclusivamente motivi vegetali o geometrici. Dopo la metà del sec. XII l’architettura cistercense in Francia acquisì i caratteri propri del gotico e così si diffuse nel resto dell’Europa.

Francescani[modifica | modifica sorgente]

San Francesco d'Assisi[modifica | modifica sorgente]

Giovanni nasce intorno al 1881, da un ricco mercante di tessuti, Pietro Bernardone, e da madonna Pica, di origine francese: da qui, l'appellativo di Francesco, che diventerà nome proprio. In gioventù visse in un mondo dissipato, divertendosi con i propri amici e sperperando molto denaro. Avviato alla carriera militare, partecipò a una guerra tra Perugia e Assisi. Sul campo assistette ad atrocità, vide la morte con i propri occhi e venne incarcerato. Entrò così in una profonda crisi spirituale, che gli cambiò radicalmente la vita.

Abbandonò i divertimenti per aiutare i poveri, gli ammalati  e i deboli. Decise inoltre di lasciare tutte le ricchezze paterne e di vestirsi con un povero saio. Francesco scrisse il Cantico delle creature dove rappresenta il creato come unica famiglia che ha come unico padre Dio e gli umani, gli animali e gli elementi naturali. Nell'ultima parte della sua vita compì viaggi in oriente, tentando di evangelizzare gli arabi, ma senza risultati: Tornato in Europa, si ritirò a vita eremitica. Morì nel 1226.

Francesco aveva riunito quanti si erano messi a imitarlo, fondando un nuovo ordine: i Frati Minori; pur con gravi difficoltà, ricevette infine l'autorizzazione da ben due Papi. Ciò nonostante, subito dopo la sua morte l'ordine iniziò a dividersi in più gruppi, nel disaccordo generale su come dovesse essere interpretato e vissuto correttamente il carisma del fondatore.

Facciate della chiesa e del convento del monte Mesma (No)
Monte Mesma[modifica | modifica sorgente]

Con i suoi 600 metri d'altitudine il monte Mesma offre ai suoi visitatori un invidiabile panorama del Cusio. Sulla sommità si trovano l'omonimo convento francescano e la chiesa, dedicata a San Francesco, dal cui sagrato si domina il Lago D'Orta, con l'isola di San Giulio al centro e il massiccio del monte Rosa stagliato sullo fondo. Il convento sorge sui resti di quella che fu una rocca fortificata, distrutta nel 1358.

La chiesa, a navata unica, fu oggetto di grandi lavori nel 1967. Sopra l'altare è appeso un grande Crocifisso, scolpito nel 1712 dallo scultore milanese Lentignani. Il complesso conventuale si articola intorno a due splendidi chiostri settecenteschi. Il primo, dopo l'ingresso, svolgeva la funzione di riparo per i pellegrini appena giunti. Il secondo, col suo antico pozzo, riserva idrica del convento, dà tuttora accesso alla cosiddetta “ sala dello stufone”, dov'è conservata una grande stufa, in serpentino verde scuro di Oria, risalente al 1727. Accanto si apre il bel refettorio dei frati. Per la fitta vegetazione di castagni è stato dichiarato riserva naturale.

Facciata della chiesa del Sacro Monte di Orta (No)
Il Sacro Monte di Orta[modifica | modifica sorgente]

Il Sacro Monte di Orta è situato a 400 m d’altezza. Si trova in una magnifica posizione panoramica che si affaccia sul Lago D’Orta.

Al suo interno sono situate 375 statue, divise in 20 cappelle affrescate, che riprendono la vita di San Francesco D’Assisi. I lavori iniziarono nel 1590 e durarono per un secolo. Per rendere la storia più reale sono state create statue che assomigliavano a persone del luogo. Lo scultore Prestinari, i pittori Giovanni Battista, Giovanni Mauro Della Rovere e il Morazzone hanno realizzato, nella prima fase costruttiva, gruppi scultorei intimi e raffigurazioni pittoriche chiare, aggiornate alla moda dell’epoca.

Dalla seconda metà del Seicento, vengono effettuate aggiunte in chiave barocca, dallo scultore Dionigi Bussola e dai fratelli pittori Nuvolone. A fine secolo viene introdotto il nuovo gusto rococò dal pittore Stefano Maria Legnani e a fine Settecento viene conclusa anche la neoclassica Cappella Nuova, che chiude la storia del cantiere.

Due delle cappelle del complesso del Sacro Monte di Orta immerso nel verde

Nella costruzione del Sacro Monte venne data importanza anche agli artigiani locali che hanno contribuito con lavori di splendida fattura.

Santa Chiara d'Assisi[modifica | modifica sorgente]

Le notizie che abbiamo sulla biografia di Santa Chiara D’Assisi provengono dal processo di Canonizzazione.

Santa Chiara d’Assisi è nacque ad Assisi nel 1193 da Favarone di Offreduccio di Bernardino, una famiglia non conosciuta, ma di antica nobiltà feudale e da Ortolana, di famiglia anch’essa sconosciuta. Aveva due sorelle, Agnese e Beatrice, e due nipoti, Balvina e Amata. La casa paterna, in cui abitava, sorge in Piazza S. Rufino.

Il processo di Canonizzazione venne istruito dal vescovo di Spoleto, Bartolomeo, su incarico di papa Innocenzo IV, a soli due mesi dalla morte, avvenuta il 18 ottobre 1253. Si svolse in sei giorni nel Monastero di S. Damiano e nella Chiesa di S. Paolo: furono interrogati quindici suore e cinque cittadini di Assisi.

Il verbale del processo fu pubblicato nel 1920 in lingua volgare umbro-perugino del Quattrocento. Era un testo semplice e realistico di devozione verso Santa Chiara d’Assisi, da cui sono stati tratti altri testi come la Legenda sanctae Clarae virginis, attribuita al biografo di san Francesco, la Legenda in prosa e la Legenda versificata, la cui stesura dipende dalla precedente. La versione originale in latino, andata perduta, fu alla base della bolla di canonizzazione emanata da papa Alessandro IV.

Domenicani[modifica | modifica sorgente]

San Domenico di Guzman[modifica | modifica sorgente]

Domenico nacque intorno al 1172 a Caleruega, in Castiglia, da nobile famiglia. In Francia ebbe modo di conoscere direttamente i Catari, che rifiutavano la divinità di Gesù e l'autorità del Papa. Comprese che, per eliminarne l'eresia, erano necessarie sia un'ottima formazione teologica e culturale, sia una retta condotta di vita.

Raccogliendo intorno a sé altri mossi dal suo stesso obiettivo, gettò le basi dell'Ordine dei Predicatori. Al di fuori dei momenti di apostolato e di missione, vivevano in conventi, riuniti in province. Oggi, come alle origini, l'abito ufficiale consta di una tunica bianca e di un mantello nero con cappuccio.

A san Domenico viene ricondotta l'introduzione della preghiera del Rosario, giudicata un'ottima arma contro le eresie: perciò venne presto diffusa tra i credenti. Per quanto detto, san Domenico è spesso iconograficamente rappresentato con un giglio, simbolo di purezza; con un libro, simbolo di cultura; e con un Rosario, simbolo della devozione alla Madonna.

Santa Caterina da Siena[modifica | modifica sorgente]
Andrea Vanni (Siena 1332 - 1414), Santa Caterina da Siena, Basilica di San Domenico, Roma

Caterina da Siena, santa patrona d’Italia, nacque a Siena nel 1347 e dedicò la sua vita alle opere di carità, assistendo i poveri e gli ammalati, e impegnandosi in una profonda riforma della Chiesa.

A sedici anni fu accolta nel terzo ordine dei domenicani, detto delle Mantellate di san Domenico. Continuò però a vivere in famiglia, nella propria casa, dove si era ricavata una piccola cella, vestendo la tunica bianca e il mantello nero. Si imponeva anche durissime penitenze, flagellandosi e digiunando: agli occhi di Caterina infatti, tutti gli esseri umani, di fronte all’infinita perfezione di Dio, apparivano imperfetti. Ebbe molte estasi e visioni: in una di queste le apparve Cristo, che le offrì in dono il suo cuore in cambio di quello della santa. In un'altra, Cristo la sposò misticamente, donandole un meraviglioso anello di perle. Caterina visse circondata da molti devoti che divennero la sua famiglia spirituale. Nel 1376 andò in Francia, ad Avignone, e pregò con insistenza papa Gregorio XI di bandire una crociata in Terra Santa e di riportare la pace in Italia, trasferendo di nuovo la sede papale a Roma. Morì a Roma nel 1380 e fu canonizzata da papa Pio II nel 1461.

Nel 1375 aveva ricevuto le stimmate. I domenicani chiedevano che i pittori rappresentassero le stimmate sul corpo della santa, mentre i francescani si opponevano. Da qui una lotta durata secoli, con molti interventi di pontefici che presero posizione a favore o dell’uno o dell’altro. Solitamente Caterina viene presentata con in mano il giglio, simbolo della sua verginità, e il libro, simbolo della sua dottrina e dell’amore di Dio. Può essere rappresentata anche con una triplice corona che fa riferimento alla sua verginità, al suo martirio e alla sua dottrina.

Il desiderio della città natale di conservarne le reliquie portò alla frammentazione del suo corpo (solo la testa è conservata a Siena). Caterina è stata dichiarata dottore della Chiesa nel 1970. 

Santa Brigida di Svezia[modifica | modifica sorgente]

Brigida Birgersdotter nacque a Finsta, in Svezia, nel 1303 e morì a Roma nel 1373. Visse in un'epoca molto travagliata della storia europea: da un lato si svilupparono le Università, ma dall'altro fu combattuta la Guerra dei Cent'anni, si diffuse la peste nera e la sede del Papato si trasferì ad Avignone.

Dopo un pellegrinaggio a Santiago di Compostela, maturò insieme al marito e a uno dei figli la vocazione alla vita monastica. Dopo la morte del marito si trasferì a Roma, dove fondò l’ordine del Santissimo Salvatore, sotto il motto “contemplazione, adorazione e riparazione”. La sua unione con Cristo la rese un punto di riferimento per molte persone della Chiesa, compresi Principi e Pontefici.

Oggi le "brigidine" sono circa settecento, suddivise in oltre cinquanta comunità. sparse in Europa, nelle Americhe e in Asia. Papa Giovanni Paolo II l’ha proclamata compatrona d’Europa, definendola un modello di vita laicale per la prima parte della sua vita. 

Gli ordini religiosi della riforma tridentina[modifica | modifica sorgente]

Cappuccini[modifica | modifica sorgente]

Il frate francescano Matteo da Bascio (1495 - 1552) si accorse che lo stile di vita dei Francescani non era quella che San Francesco d'Assisi aveva previsto. Egli voleva ritornare allo stile di vita originale, quindi in solitudine e penitenza, come il fondatore dell’ordine aveva praticato. I suoi superiori, non d'accordo con quest’ innovazione, soppressero la sua prima fondazione: perciò frate Matteo e i suoi primi compagni si nascosero. 

La Chiesa voleva arrestarli per aver abbandonato i loro obblighi religiosi: dato che si trovavano nel bel mezzo della Riforma luterana, i tentativi di rinnovamento non erano accettati dai superiori. I Monaci camaldolesi offrirono a Matteo e ai suoi seguaci rifugio e per ringraziarli della loro ospitalità indossarono il cappuccio e la barba, simboli di questi ordini religiosi. Nel 1528 frate Matteo, grazie alla mediazione della duchessa Caterina Cybo e all’approvazione di papa Clemente VII, ebbe il permesso di continuare la sua vita come un eremita, predicando i poveri. Questo permesso sarebbe stato valido per tutte le persone che in futuro l’avrebbero seguito.

Il primo capitolo di quest’ordine venne fondato il 15 aprile 1529 nei pressi di Fabriano e non molto lontano dall’Abbazia Camaldolese di Val di Castro. Si aggiunsero nuovi seguaci che, a causa dell’opposizione degli Osservanti, si costituirono autonomamente in una nuova congregazione: i Frati Minori Eremiti. Sotto la direzione di Bernardino d’Asti, nel 1535 vennero approvate le costituzioni definitive, che restarono in vigore fino al 1968. Nel 1542 si attraversò un momento difficile perché il vicario generale dell’ordine aderì alla riforma protestante. Papa Gregorio XIII permise all’Ordine di insediarsi in tutte le parti del mondo e di costruire edifici, luoghi, custodie e province, autorizzandone la diffusione al di fuori dell’Italia: in tal modo i numeri dell’ordine aumentarono rapidamente. In questi anni l’Ordine perfezionò alcune sue caratteristiche iniziali. Pur mantenendo fede al voto di povertà radicale, i Cappuccini si dimostrarono ottimi predicatori e questo portò ad una “conventualizzazione”. Questo processo fu inoltre sostenuto anche dalla Santa Sede, che in quegli anni volle eliminare i conventi minori, convinta che, dando vita a realtà più grandi, queste potessero essere meglio controllate. I cappuccini furono attivi anche nelle missioni: per esempio, come riferisce Pellegrino da Forlì, l’arcidiocesi indiana di Agra fu affidata ai confratelli del suo ordine fin dal 1703.

Dalla seconda metà del Settecento alla fine dell'Ottocento, l’ordine visse un momento di crisi. Tra il 1787 ed il 1847 non si tenne l’assemblea generale di tutti i responsabili delle province in cui quest’ultimo era suddiviso. Queste difficoltà furono dovute più a motivazioni politico-sociali che religiose: la rivoluzione francese e le esperienze simili, che portano alla soppressione dei conventi e di intere province che erano state precedentemente create nel 1574. Nell’Italia di fine Ottocento, la legge delle Guarentigie privò gli ordini religiosi di molti beni ed addirittura dei conventi. A ciò però, si accompagnò una più consapevole opera missionaria, soprattutto nelle Americhe, dove l’Ordine crebbe con molta facilità. Il capitolo generale del 1884 decise di riacquistare molti dei conventi che erano stati precedentemente persi e venne approvata una nuova regola. Il XX secolo fu segnato da un ritorno alle origini e dall’apertura alle novità del mondo contemporaneo. I Cappuccini non furono esclusi dalla crisi di vocazioni, che colpì la Chiesa cattolica in Europa e nel Nord America negli anni ‘60 e ‘80: infatti i Cappuccini restano uno degli ordini più grandi e diffusi della Chiesa cattolica.

Cappuccini a San Nazzaro in Novara[modifica | modifica sorgente]
Interno della chiesa abbaziale di San Nazzaro a Novara

Fonti storiche del 1124 documentano la presenza di chierici a San Nazzaro, a sud delle mura della città di Novara; ma si è certi dell'esistenza di una chiesa dedicata al martire Nazzaro sin dal X secolo. 

Nel 1256 si trasferirono in San Nazzaro le Clarisse di San Pietro di Cavaglio, riedificarono la chiesa e costruirono il convento. Le monache lasciarono San Nazzaro nel 1265 per trasferirsi nel Monastero di San Domenico, all'interno delle mura della città, mantenendo però i diritti di proprietà sul convento per quasi due secoli. Le decorazioni del decennio 1330-1340 sono da attribuirsi a pittori di scuola giottesca e quelle del 1346 a Giovanni Jacobi di Como.

Nel 1444 il Vescovo di Novara cede San Nazzaro ai Frati Minori Osservanti di San Francesco. Questo periodo è caratterizzato dal diffondersi degli Ordini Mendicanti e dall’opera dei predicatori itineranti, tra cui San Bernardino da Siena. Si diffonde quindi una religiosità più pura, con una concezione di Chiesa attiva, povera e spirituale. Dopo la predicazione di San Bernardino si costruirono chiese e conventi a lui  dedicati: la tradizione vuole che la fondazione del convento si debba al santo senese. 

Nel 1810 la proprietà dello stabile passò a privati e dopo all’Ospedale Maggiore di Novara. Nel 1923 il Consiglio Municipale di Novara promosse il recupero artistico della Chiesa e del convento, stipulando una convenzione tra l'Ospedale e i Frati Minori Cappuccini della provincia religiosa di Alessandria. Essi entrarono ufficialmente a San Nazzaro nel 1929 e tuttora vi risiedono.

Carmelitani[modifica | modifica sorgente]

Santa Teresa di Gesù o d'Avila[modifica | modifica sorgente]

Teresa de Ahumada nasce ad Avila il 28 marzo del 1515. Suo padre, Alonso de Cepeda, dopo esser rimasto vedovo con due figli, si sposa con Beatrice de Ahumada. Teresa è la terza di dieci figli avuti dalla coppia. Cresce in un ambiente molto religioso, nel quale sviluppa una particolare sensibilità per il trascendente sin dalla tenera età. In una società analfabeta, si appassiona alla lettura. All’età di tredici anni perde sua madre. Nel collegio di Santa Maria delle Grazie, dopo una forte lotta interiore, prende la decisione di diventare religiosa, contro la volontà del padre. Quando suo padre tenta di impedire la sua entrata al Carmelo dell’Incarnazione, Teresa fugge. Rimane al convento dell’incarnazione per 27 anni. Nel 1538 si ammala di una malattia che l’accompagnerà per tutta la vita. In quel periodo entra in contatto con il misticismo francescano attraverso la lettura del Tercer Abecedario di Osuna, opera molto importante per la sua evoluzione spirituale. All’Incarnazione vivono quasi 200 monache, tra le quali risalta la straordinaria personalità di Teresa. La sua frequente presenza in parlatorio è obbligatoria poiché, chi chiede un colloquio con lei, lascia un’offerta per il Monastero. Questa intensa vita sociale che l’allontana dall’orazione, non le dispiace. Sente sempre di più la sua vocazione e nel 1554, davanti ad una statua di un Cristo “molto piagato” inizia la sua trasformazione. Nel 1556 avviene la sua conversione definitiva. Lo Spirito Santo irrompe nella sua anima e la guarisce, liberandola da tutti i problemi affettivi. Inizia così la sua opera di riforma del Carmelo, pur tra grandi difficoltà e opposizioni, che culminerà con la fondazione dell'Ordine dei Carmelitani Scalzi. In questo periodo trae molta ispirazione e inizia a scrivere. Santa Teresa muore il 4 ottobre del 1582 ad Alba de Tormes. È beatificata da Paolo V nel 1614, canonizzata da Gregorio XV nel 1622 e proclamata Dottore della Chiesa da Paolo VI nel 1970. È la prima donna a cui è stato concesso questo titolo insieme a Santa Caterina da Siena.

San Giovanni della Croce[modifica | modifica sorgente]

San Giovanni Della Croce nasce a Fontiveros nel 1542. Suo padre Gonzalo muore quando egli è ancora molto piccolo. I suoi familiari di Toledo escludono la vedova Catalina dall'eredità, non avendone approvato il matrimonio. Catalina cerca allora aiuto, per sé e per i suoi tre figli, presso altri famigliari di Gonzalo, però senza successo. Sii trasferiscono ad Arevalo, ma successivamente tornano a Fontiveros, per poi andare a Medina del Campo. Qui Catalina manda Giovanni al piccolo Collegio della Dottrina, dove viene ammesso come infermiere nell’Ospedale della Concezione. 

Nel 1563 Giovanni entra nell’ordine del Carmelo di Sant’Anna Medina come novizio per poi professare l’anno successivo. Studia all’Università filosofia e teologia e, grazie all’incontro con Santa Teresa di Gesù, decide di entrare nella nuova famiglia dei Carmelitani Scalzi che stava nascendo: perciò trasforma la sua casa nel primo Convento dei frati Carmelitani Scalzi nel 1568. Successivamente Giovanni è nominato maestro dei novizi a Duruelo e con questo incarico passa a Mancera, dove i frati traslocano. Nel 1571 parte per una nuova destinazione: Rettore del Collegio di Alcalà de Henares. Nel 1572 viene chiamato come confessore da Santa Teresa ad Avila dove trascorre 5 anni e si rende famoso come esorcista e come illustre direttore spirituale. Da Avila viene catturato dai Carmelitani calzati ed imprigionato nel convento di Toledo dal quale riesce a fuggire nel 1578. In quello stesso anno, ad Almodovar del Campo, partecipa al capitolo degli Scalzi e viene nominato superiore del convento del Calvario. Nel 1579 parte per il convento in Andalusia e fonda il convento-collegio dell’ordine a Baeza, e ne diventa Rettore.Nel 1582 viene trasferito a Granada, ove,  nel convento dei Santi Martiri, viene nominato per 3 volte priore. Nel 1585 diventa Vicario Provinciale dell’Andalusia Da Baeza partecipa ai vari Capitoli che portano alla separazione della Provincia degli Scalzi, diventando nel 1588 la seconda autorità dell’ordine e, con questo incarico, si trasferisce a Segovia dove fonda un altro convento.

A settembre del 1591 Giovanni si ammala e viene trasferito a Ubeda, dove viene ancora perseguitato e dove morirà il 14 dicembre 1591. Il suo corpo si trova a Segovia dal 1593.

Gesuiti[modifica | modifica sorgente]

Sant'Ignazio di Loyola[modifica | modifica sorgente]

Íñigo (Ignazio) López de Loyola nacque a Loyola, nei paesi baschi spagnoli, intorno al 23 ottobre 1491 e morì a Roma il 31 luglio 1556. Appartenente alla piccola nobiltà locale, fu avviato alla carriera militare. Nel 1521 rimase ferito durante un assedio Pamplona.

Nel corso della sua lunga degenza, visse una radicale trasformazione interiore. Dopo un periodo di ricerca della propria vocazione, a Parigi, dove studiava teologia. Ignazio ebbe un’intuizione: fondare un ordine religioso, libero dalle osservanze di tipo monastico, con un superiore generale eletto a vita, legato da un vincolo speciale di obbedienza al Papa, oltre a essere sottoposto alla povertà, alla  castità e all’obbedienza. L'ordine ricevette l'approvazione pontificia con il nome di Compagnia o Società di Gesù.

Ignazio era convinto che alla salvezza della Chiesa servisse, più che una contestazione, la totale dedizione e fedeltà al Pontefice. Inoltre era necessaria una preparazione culturale molto approfondita. Perciò la selezione per entrare nell’ordine gesuita richiedeva una lunga formazione culturale che perlopiù terminava con la laurea in teologia e quindi con una preparazione dottrinale superiore a quella media del clero di quel tempo. Sotto l'esempio dei Gesuiti, le scuole e i seminari che si moltiplicarono in Italia, Francia, Slovenia, Boemia furono tra i principali fattori di riscossa della Chiesa. 

Ignazio di Loyola diede impulso alla pratica degli esercizi spirituali mediante un libro nel quale era proposto il suo metodo. Gli Exercitia Spiritualia (Esercizi spirituali) durano quattro settimane: la prima settimana è occupata dalla meditazione sul problema del peccato; la seconda prendeva in considerazione il Regno di Cristo sulla terra; la terza è incentrata sulla passione, la morte, la risurrezione di Cristo; l’argomento della quarta settimana è infine l’azione di Cristo nel mondo dopo la risurrezione.

Le missioni in epoca moderna[modifica | modifica sorgente]

Il rispetto per gli indigeni[modifica | modifica sorgente]

In epoca moderna numerosi missionari cattolici, ma anche della riforma protestante, viaggiarono al seguito degli esploratori e dei conquistatori, convinti della necessità di evangelizzare e battezzare tutti i popoli della terra: la Chiesa, infatti, non può che avere carattere multiculturale. Perciò i missionari, soprattutto i Gesuiti, cercarono di tradurre i valori cristiani nei modi di vita e nella mentalità delle popolazioni indigene, rispettando il loro modo di vivere secondo la propria identità culturale religiosa e sociale.

In America latina gli spagnoli, per sfruttare le immense ricchezze, come i metalli preziosi, costrinsero gli Indios ai lavori forzati. Purtroppo i coloni vennero appoggiati anche da alcuni teologi, che definirono gli indigeni americani destinati alla schiavitù. D'altra parte però, contro lo sfruttamento insorsero altri missionari come Bartolomeo de Las Casas.

Bartolomeo scrisse un testo in cui descrisse i metodi che utilizzavano i colonizzatori con gli schiavi: li sgozzavano, li dilaniavano, li angariavano, li sterminarono con ogni genere di violenza. A causa di queste sevizie gli indigeni scesero da 3 milioni a circa 200.000.

Le Reducciones dei Gesuiti in Paraguay[modifica | modifica sorgente]

La parola Reduzione originariamente significava "conversione" o "conquista" degli infedeli. I Gesuiti utilizzarono questo termine per indicare le proprie missioni in America latina, soprattutto nella provincia coloniale spagnola del Paraguay. Le Reducciones gesuite erano finalizzate non solo alla cristianizzazione degli indigeni, ma anche alla loro autonomia e alla loro difesa dai bandideros provenienti dal Brasile.

Per tali ragioni le giornate erano scandite da preghiera e lavoro. Si iniziava con la Messa per tutto il popolo. Dopo colazione ognuno si dedicava alle proprie mansioni: molti si dedicavano alla coltivazione dei campi circostanti. Al rientro dal lavoro veniva impartita la Dottrina cristiana. La giornata si concludeva con la preghiera del Rosario. La maggioranza delle Reducciones era fortificata e molti uomini giravano armati.

Proprio per la loro opera in difesa degli indigeni i coloni contrastarono i Gesuiti: il Trattato di Madrid del 1750 decretò la chiusura delle Reducciones e i religiosi furono espulsi dal Paraguay nel 1767.

Matteo Ricci[modifica | modifica sorgente]

Matteo Ricci, nato a Macerata nel 1552, fu il primo europeo di cui si ha notizia certa che risiedette stabilmente a Pechino. Lì esercitò autonomamente le professioni di astronomo e di matematico. Inoltre tradusse in cinese diverse opere religiose e divenne il primo sinologo. Si servì delle sue conoscenze, soprattutto scientifiche e tecnologiche, per accreditarsi nell'universo culturale cinese. Riscuotendo un grande successo, ebbe modo di iniziare la predicazione del Vangelo: perciò tradusse in cinese il catechismo. Alla sua morte, nel 1610, i convertiti erano più di duemila.

San Daniele Comboni e la Nigrizia[modifica | modifica sorgente]

Daniele Comboni nacque il 15 marzo 1831 a Limone sul Garda, da genitori profondamente cristiani. Dopo le elementari sotto la guida di sacerdoti, a undici anni iniziò a frequentare il ginnasio nel seminario vescovile di Verona, per poi entrare nell’ istituto di don Nicola Mazza. Qui affinò una profonda sensibilità per l’attività evangelizzatrice nei paesi d’oltremare. Il momento era favorevole all’espansione missionaria della Chiesa, una volta esaurita la bufera che, con l’ occupazione di Roma da parte dei francesi, aveva portato alla soppressione dell'Istituto di Propaganda Fide, il dicastero vaticano che si occupa delle missioni. 

Nel 1847 un prete dell’Istituto di don Mazza partì con il gesuita polacco Massimiliano Ryllo e altri due sacerdoti per operare nel neo-eretto Vicariato Apostolico dell’Africa Centrale. La spedizione fallì dopo cinque mesi di peripezie e vide anche la morte del Ryllo. Ciò nonostante Daniele, nel gennaio 1849, giurò davanti al superiore di consacrare la sua vita all’ apostolato dell’Africa Centrale. L’Istituto intanto aveva aperto le porte a ragazzi e ragazze africani perché vi fossero educati e poi rimandati in patria a fianco dei missionari. Comboni, verso la fine del 1854, in sole tre settimane ricevette il suddiaconato, il diaconato e il sacerdozio. Da Khartoum, intanto, partì un invito esplicito del successore di padre Ryllo, mons. Knoblecher, per la fondazione di una missione da affidare a preti dell’ Istituto Mazza. Daniele comincia a studiare l’arabo, preparandosi a partire. La spedizione lascia Trieste il 10 settembre 1857, ma anche questa impresa fallisce: muoiono due sacerdoti del gruppo e un laico, mentre don Daniele è costretto a rientrare in Italia, dove giunge verso la fine del 1859.

Il 15 settembre 1864 Comboni si trovò a Roma a pregare sulla tomba di san Pietro, quando si beatificò suor Margherita Maria Alacoque, cioè l’apostola della devozione al Sacro Cuore. Dopo aver chiesto lumi allo Spirito Santo, Daniele fissò il suo obiettivo: la salvezza dell'Africa per mano degli africani. Questi non dovevano soltanto essere intesi come destinatari di un'opera evangelizzatrice e caritativa, ma come i primi protagonisti del proprio riscatto. Pio IX incoraggiò Comboni, però il suo progetto venne sconfessato da don Mazza, che morì poco dopo. Il 1° giugno 1867 nacque l’istituto maschile per le Missioni della Nigrizia (successivamente denominato Missionari Comboniani del Sacro Cuore - acronimo latino: M.C.C.I), con i primi 6 membri. Il'1 gennaio 1872 nacque il ramo femminile dell’opera, le Pie Madri della Nigrizia.

Nel 1876 Comboni scrisse una lettera al cardinale Franchi: “Fidandomi di quel Cuore Sacratissimo, che palpitò pure per la Nigrizia, e che solo può convertire le anime, sentomi vieppiù disposto a patire e sudare fino all’ultimo respiro e a morire per Gesù Cristo e per la salute dei popoli infelici dell’Africa Centrale”. Nel 1877 venne nominato Vicario apostolico dell'Africa centrale. Una delle sfide maggiori fu il contrasto al mercato degli schiavi. Qui il suo metodo inizia a dare i primi frutti: vengono formate maestre indigene che trasmettono la fede e l'istruzione. Attaccato da febbre malarica, è costretto a rientrare in Italia, da dove comunque organizza un'altra missione. Nel 1880 rientrò a Khartoum, ma l'anno seguente morì di febbre malarica. Le sue ultime parole furono: "O Nigrizia, o morte!".

San Giovanni Paolo II lo ha dichiarato beato l'11 marzo 1996 e santo il 5 ottobre 2003.

I Santi sociali del secolo XIX[modifica | modifica sorgente]

San Giuseppe Cottolengo[modifica | modifica sorgente]

San Giuseppe Benedetto Cottolengo è il fondatore della Piccola Casa della Divina Provvidenza.

Nacque il 3 maggio 1786. Compiuti gli studi filosofici e teologici, è ordinato sacerdote l’8 giugno 1811. Negli anni tra il 1822 e il 1827, Don Giuseppe Cottolengo vive in una crescente sensibilità spirituale, un deciso distacco dagli interessi materiali e una forte tensione e ricerca verso un nuovo modo di vivere la sua vocazione sacerdotale.

Il 2 settembre 1827 Don Giuseppe Cottolengo fu chiamato al capezzale di una donna incinta del quarto figlio: durante il parto entrambi morirono. Scosso da questo fatto Don Giuseppe Cottolengo decise di dedicarsi ai più bisognosi.

IL 17 gennaio 1828 apre a Torino un piccolo alloggio dove vi risiedono persone ammalate che non trovano rifugio negli altri ospedali cittadini. Qui, grazie al generoso contributo di molte signore, inizia la sua opera. Nel gennaio del 1832, sempre a Torino, per fronteggiare un'epidemia di colera, apre un ospedale.

Le opera avviata da Don Giuseppe Cottolengo è svolta per lo più svolte da donne, da una congregazione di suore, da fratelli (cioè religiosi laici) e da una comunità di sacerdoti. Tutti perseguono l'ideale del suo fondatore, basato sul motto Charitas Christi urget nos: frase di San Paolo che rappresenta la regola di quanto deve animare ogni gesto umano, ossia l’amore e la carità.

Verso la fine della sua vita Don Cottolengo riuscì’ a fondare anche cinque monasteri. Egli morì a 56 anni il 30 aprile del 1842, ammalandosi di tifo mentre assisteva i malati, lasciando più di 1300 assistenti a sorvegliare il suo operato nel regno Sabaudo. È stato proclamato beato nel 1917 e santo nel 1934. La sua figura e la sua opera hanno ispirato altri santi, come San Luigi Guanella e San Luigi Orione.

San Giovanni Bosco[modifica | modifica sorgente]

Giovanni Bosco nasce a I Becchi, località nei pressi di Castelnuovo, in provincia di Asti, il 16 agosto 1815. Sua madre, Margherita Occhiena, si era sposata con Francesco, rimasto vedovo e con un figlio, Antonio. Dal nuovo matrimonio era nato il fratello maggiore Giuseppe. All'età di 2 anni perde il padre.

A nove anni fa un sogno che segnerà la sua vocazione: Gesù gli indica Maria come maestra per condurre con la dolcezza i giovani a Lui.

Giovanni, per andare a scuola, deve percorrere ogni giorno 16 km, e durante questo periodo, insieme ad alcuni suoi amici fonda la Società dell’allegria. Giovanni confida a sua madre di voler fare il francescano, ma la madre gli consiglia di parlarne con Don Giuseppe Cafasso. Il sacerdote gli consiglia di terminare gli studi superiori e di entrare nel Seminario di Chieri, accollandosi il pagamento delle spese.

Il 25 ottobre 1835 Giovanni veste gli abiti clericali. Durante gli studi Giovanni fa amicizia con un ebreo, che successivamente converte. Nel 1839, al rientro in Seminario dopo le vacanze estive, Giovanni apprende della morte di un suo caro amico, il chierico Luigi Comollo.

Il 5 giugno 1841 diventa sacerdote e la sua prima messa viene celebrata a Torino, nel Santuario della Consolata. La madre, lo stesso giorno lo chiama e gli dice: “Ricordati che cominciare a dir Messa significa cominciare a soffrire. Pensa ad essere solo un santo sacerdote di Cristo, non preoccuparti di me; sono nata povera, vissuta povera e voglio morire povera. Pensa alla salvezza delle anime”. Don Bosco risponde alla mamma dicendole : “Mamma, le raccomandazioni che oggi mi fai le ho scelte come programma della mia vita. Ho detto a Dio: Dammi le anime e toglimi tutto il resto".

L'8 dicembre 1841, prega un'Ave Maria con Bartolomeo Garelli, un giovane casualmente conosciuto nella sacrestia della chiesa dove aveva appena finito di celebrare la Messa della Solennità dell'Immacolata: Don Bosco indicò sempre quella preghiera come vero inizio della sua opera.

A Torino Don Bosco inizia la sua missione: aiuta Don Giuseppe Cafasso, chiamato il prete della forca, perché deve assistere i condannati a morte. Don Bosco, si promette di prevenire i disastrosi effetti che portano i giovani fino alla condanna. Raccoglie intorno a sé i primi ragazzi e organizza un oratorio festivo, inizialmente itinerante e poi stabile a Valdocco, allora quartiere periferico di Torino. Sua madre Margherita, ormai anziana, accetta di venire a Torino ad aiutarlo, diventando per i ragazzi. Don Bosco comincia a dare ricovero a degli orfani senza tetto. Insegna loro un lavoro e ad amare il Signore, canta gioca e prega con loro.

Dai primi ragazzi arrivano anche i primi collaboratori: tra loro, anche Michele Rua, suo primo successore alla guida della congregazione salesiana

Don Bosco raccoglie l'offerta del Sig. Pinardi di acquistare una tettoia presso la sua casa: in tal modo gli è più semplice ospitare tutti i giovani orfani sempre di più in aumento a Torino, minacciati da Cavour di non vagare più per la città. Riparata la tettoia, viene inaugurata alla presenza del Vescovo di Torino. Anche qui Don Bosco è aiutato da mamma Margherita e da ragazzi ormai grandi nel tenere sotto controllo anche i ragazzi più ribelli inclini.

La tettoia è però limitata: così, con grandi sacrifici, promuove la costruzione di un edificio. Purtroppo, il 22 agosto 1856, l'edificio crolla. Don Bosco però si ripromette, con l’aiuto di Dio e Maria, di ricostruire del tutto. L’opera di Don Bosco non è sempre ben accetta: è anche oggetto di agguati.

Nel 1854 a Torino scoppia il colera e Don Bosco vuole aiutare i malati insieme ai suoi ragazzi: nessuno si ammalò perché portavano al collo la Medaglia, della Madonna, di cui avevano chiesto la protezione.

Il ministro Rattazzi disse a Don Bosco di fondare una congregazione, per fare in modo che la sua opera avesse un seguito; e così fece. Il suo progetto fu accettato da Papa Pio IX. Dal 1854, i seguaci di Don Bosco sono chiamati Salesiani perché volle come patrono San Francesco di Sales.

Per poter portare avanti le sue opere decide di chiedere denaro anche in Francia e Spagna, oltre che in Italia. In questo periodo costruisce, con grandi sacrifici, anche la Basilica del Sacro Cuore alla stazione Termini di Roma, lavoro assegnatogli da Papa Leone XIII. Don Bosco, ormai anziano, spesso si commuoveva durante la Messa nella Basilica del Sacro Cuore, nel ricordare e comprendere le parole conclusive della Madonna nel sogno fatto a nove anni: ”A suo tempo tutto comprenderai!”.

In punto di morte, all'alba del 31 gennaio 1888, disse: “Dite ai miei giovani che li aspetto tutti in Paradiso". È stato canonizzato da Pio XI nel 1934.

L’oratorio è ancora, come voleva Don Bosco, un luogo di aggregazione e di apprendimento del catechismo per i ragazzi. Il suo metodo educativo è detto Sistema Preventivo.

Fonti[modifica | modifica sorgente]

E. Stroppiana - L. Solinas, Voi siete il sale della terra, vol. 2, SEI, Torino 2013.

http://www.santiebeati.it | http://monacheagostiniane.it | http://www.comune.ortasangiulio.no.it | https://it.wikipedia.org/wiki/Ordine_dei_frati_minori_cappuccini | https://www.cappuccininovara.it/1/i_frati_cappuccini_a_novara_1335847.html | http://www.carmelitaniscalzi.com | https://gesuiti.it | http://www.chartreux.org/it/origine.php |

https://www.camaldoli.it |