Marcovaldo ovvero Le stagioni in città

Da Vikidia, l'enciclopedia libera dagli 8 ai 13 anni.
Vai alla navigazione Vai alla ricerca
Wiki2map logo.svg
Leggi come una mappa mentale
Marcovaldo ovvero Le stagioni in città

Ladybug, Parabüzən.jpg

Genere
Lingua originale
Autore
Editore
Anno di pubblicazione
ISBN
racconti
italiano
Italo Calvino
Einaudi
1963

Marcovaldo ovvero Le stagioni in città è una raccolta di venti novelle di Italo Calvino, pubblicate a partire dal 1963, che hanno come protagonista l'operaio Marcovaldo.

Trama[modifica | modifica sorgente]

Funghi in città[modifica | modifica sorgente]

Marcovaldo scopre dei funghi in un'aiuola vicina alla fermata del tram che prende tutte le mattine, ma se ne accorge anche lo spazzino Amadigi. Qualche giorno dopo i due fanno a gara per raccoglierne di più, ma Marcovaldo, vinta la rabbia, decide di donarne anche ai passanti, invitandoli a prendere i funghi. Grazie a questo gesto riesce a salvarsi la vita: i funghi erano velenosi, ma nessuno ne ha mangiati in quantità sufficiente per morire.

La villeggiatura in panchina[modifica | modifica sorgente]

Durante una notte d'estate Marcovaldo non riesce a dormire, quindi prende il cuscino e va a sdraiarsi su di una panchina del parco, ma la trova occupata da una coppia di innamorati intenti a litigare. Quando hanno finito, va a stendersi, ma non riesce a dormire prima a causa della luce del semaforo, poi per i rumori degli operai del vicino cantiere stradale, infine a causa dell'odore nauseabondo del camion della nettezza urbana. Quando arriva l'alba si sveglia dolorante e meno riposato di quanto si aspettasse.

Il piccione comunale[modifica | modifica sorgente]

Un giorno, andando al lavoro, Marcovaldo nota stormi di beccacce e gli viene l'idea di catturare un po' di volatili per integrare la sua dieta. Dopo averci pensato a lungo, prepara delle trappole a base di colla di vischio sul tetto del suo condominio, ma non riesce a prendere che un piccione. Alla fine scopre che ha ucciso, illegalmente, un colombo del Comune.

La città smarrita nella neve[modifica | modifica sorgente]

La città è ricoperta di neve e Marcovaldo, circondato da tutto quel bianco, si sente libero come mai si era sentito. Va al lavoro a piedi e, appena arrivato, scopre che deve spalare la neve. Si tratta di un'impresa faticosa, ma, tutto sommato, è contento. Nonostante il passaggio di uno spazzaneve lo obblighi a rifare il lavoro e lui stesso venga seppellito da un cumulo che cade dal tetto prendendo il raffreddore, con un fortissimo starnuto ripulisce in un lampo tutto il cortile.

La cura delle vespe[modifica | modifica sorgente]

Leggendo un ritaglio di giornale con il quale aveva avvolto il pranzo, Marcovaldo scopre che la puntura delle api fa guarire dai reumatismi. Fa un tentativo catturando una vespa di passaggio e utilizzando il signor Rizieri, un pensionato suo amico, come cavia. L'esperimento sembra avere successo e Marcovaldo testa la cura su sua moglie, su sua figlia e su se stesso. La notizia si sparge e la casa di Marcovaldo viene presa d'assalto da pazienti desiderosi di provare il nuovo rimedio. Tutto termina quando Michelino, figlio di Marcovaldo, torna a casa inseguito da uno sciame di vespe che pungono senza alcuna pietà i pazienti della clinica abusiva, obbligando tutti al ricovero in ospedale.

Un sabato di sole, sabbia e sonno[modifica | modifica sorgente]

Marcovaldo va dal medico che gli prescrive delle "sabbiature" per guarire dai reumatismi. L'uomo va, quindi, con i figli sulle rive di un fiume, si avvicina ad una chiatta che trasporta sabbia e si fa ricoprire dai bambini. Essendo mezzogiorno, steso al sole e al caldo si rilassa e si addormenta, ma la barca si disormeggia e va alla deriva. Alla fine Marcovaldo finirà fuori bordo dopo il salto di una cascata, ma cadrà in mezzo ad una spiaggia piena di bagnanti.

La pietanziera[modifica | modifica sorgente]

Quando è al lavoro Marcovaldo si porta il cibo da casa in una pietanziera. Nel recipiente di metallo trova gli avanzi del giorno prima. Anche se ha appetito, in realtà il cibo non è particolarmente attraente e saporito. Un giorno la moglie compra così tanta salsiccia che Marcovaldo ne mangia per tre giorni. Stufo e nauseato, baratta la pietanza con il fritto di cervello di un bambino che non voleva mangiarlo, ma i due vengono scoperti dalla governante del piccolo e devono rinunciare a riempirsi la pancia con il cibo tanto desiderato.

Il bosco sull'autostrada[modifica | modifica sorgente]

Durante l'inverno l'appartamento di Marcovaldo è molto freddo. Una sera, per alzare un po' la temperatura, prova ad andare a fare legna nei parchi cittadini per alimentare la stufa. Quando torna a casa, quasi a mani vuote, scopre che i suoi figli sono riusciti a trovare dei bei pezzi di legno segando alcuni cartelli stradali vicino all'autostrada. Marcovaldo esce di casa con le stesse intenzioni e inizia a tagliare alcune insegne pubblicitarie. Ad un certo punto viene quasi scoperto da Astolfo, un agente di polizia. Per fortuna questi, essendo miope, scambia Marcovaldo per un'immagine promozionale.

L'aria buona[modifica | modifica sorgente]

Il medico impone ai figli ammalati di Marcovaldo di respirare un po’ di aria pulita e di stare a contatto con la natura, quindi, una volta guariti, il padre li porta, dopo un lungo viaggio in tram, in collina. Arrivata al capolinea, la comitiva si incammina verso la cima e i ragazzini rimangono stupiti di quanto siano belle le case e i giardini alle pendici del colle. Una volta giunti sulla vetta iniziano a giocare e a divertirsi fino all’imbrunire. A quel punto si avvicinano alcuni uomini vestiti di un pesante abito grigio e dotati di berretto e bastone: parlando con loro Marcovaldo scopre che si tratta dei pazienti di un sanatorio lì vicino. Gli uomini si intrattengono un po’ con lui e giocano con i bambini, anche se Marcovaldo non vede l’ora di andare a casa, un po’ intimorito dai malati. I ragazzini, al ritorno, nonostante la stanchezza sono felici per la giornata trascorsa all’aria aperta e non smettono di chiedere al loro papà di fare un’altra gita come quella.

Un viaggio con le mucche[modifica | modifica sorgente]

In un’afosa sera d’estate Marcovaldo sente passare una mandria di mucche, in viaggio verso le montagne. L’uomo scende, seguito dai figli, per osservare lo spettacolo: mentre risponde alle domande dei ragazzi, il maggiore, Michelino, si perde tra le bestie e segue i pastori fino ai luoghi dell’alpeggio. Marcovaldo denuncia la sparizione del figlio, ma questi fa sapere che è in montagna e si trova bene. Dopo qualche mese il ragazzo torna molto cambiato: pensava, come suo padre, che la vita in città fosse dura e poco salutare, mentre si è accorto che anche vivere da allevatore è molto faticoso e non c’è molto tempo per stare all’aria aperta. Alla fine decide di tenere per sé il suo magro stipendio da vaccaro.

Il coniglio velenoso[modifica | modifica sorgente]

Appena guarito da una malattia, Marcovaldo sta per essere dimesso dall’ospedale. Mentre il medico è fuori dallo studio, il magazziniere ne approfitta per rubare un coniglio che vede rinchiuso in una gabbietta e per portarlo a casa. La sua intenzione è di ingrassarlo per arrostirlo a Natale, ma il giorno dopo, mentre lui è al lavoro, la moglie decide di uccidere l’animale per mangiarlo subito per pranzo. Dato che nessuno, in casa, se la sente di privare della vita la piccola bestiola, Domitilla manda i ragazzi dalla signora Diomira per farle fare il lavoro sporco in cambio di una coscia, ma i bambini liberano il coniglio sui tetti. L’animale si allontana in modo incerto e viene dapprima attirato dalle persone che lo vedono, e che sperano di trasformarlo in un piatto prelibato, quindi viene tenuto stranamente a distanza: la Croce Rossa e la polizia stanno diffondendo la notizia che un coniglio infettato con un virus molto pericoloso è scappato dall’ospedale. La bestiola, vedendosi rifiutata, decide di togliersi la vita per non dare soddisfazione ai crudeli esseri umani, ma viene presa al volo da un pompiere. Nell’autoambulanza che lo riporta all’ospedale trova anche Marcovaldo e la sua famiglia che devono recarsi al nosocomio per accertamenti.

La fermata sbagliata[modifica | modifica sorgente]

Dopo una serata al cinema, Marcovaldo si incammina verso la fermata del tram numero 30 per tornare a casa. A causa della nebbia non vede praticamente nulla, ma è contento perché così dimentica il triste mondo di cemento in cui è rinchiuso. Confuso dalla foschia, sbaglia fermata, si perde e non riesce ad ottenere dai passanti alcuna indicazione utile. Entra in un’osteria, ma ne esce ubriaco ed è ancora meno in grado di orientarsi. Girando alla cieca finisce sulla pista di atterraggio dell’aeroporto e viene invitato a sedersi. Scambia il velivolo per un autobus finché un assistente di bordo non gli rivela che si tratta del volo per l’India e Singapore.

Dov'è più azzurro il fiume[modifica | modifica sorgente]

Allarmato dalle notizie e dalle dicerie della gente, Marcovaldo è spinto a credere che i cibi acquistati siano pericolosi per la salute, quindi decide di procurarsi da solo da mangiare. Vedendo dei pescatori, pensa che sia una buona idea andare a pescare in luoghi lontani dalla città. Dopo giorni di ricerca, trova l’ansa di un fiume con acqua limpida e straripante di tinche. Dopo essersi fatto prestare l’attrezzatura da amici e colleghi, si sveglia la mattina presto e va a pesca: il pesce è così abbondante che lo cattura facilmente anche con la rete. Mentre sta per andarsene, viene fermato da una guardia che lo invita a rilasciare le sue prede: poco più a monte c’è una fabbrica di vernici che ha inquinato l’acqua rendendola di un azzurro intenso e ha, quindi, contaminato i pesci; inoltre, nel caso avesse catturato gli animali nella riserva ancora più a monte o li avesse comprati dal pescivendolo, dovrebbe comunque pagare una multa o una tassa. A questo punto a Marcovaldo non rimane che ributtare in acqua le tinche.

Luna e gnac[modifica | modifica sorgente]

La sera Marcovaldo e la sua famiglia amano guardare il cielo stellato e baciato dalla luna, tuttavia l’insegna luminosa dell’azienda “Cognac-Spaak”, che si accende ogni 20 secondi, disturba il loro panorama notturno. Ad un certo punto Michelino, per permettere a tutti di godere delle luci naturali del firmamento, prende a sassate con una fionda il cartellone pubblicitario spegnendo la luce di alcune lettere. Il giorno dopo alcuni elettricisti riparano il danno, ma Marcovaldo stringe un accordo con la “Cognac-Tomawak”, un’azienda concorrente: se continuerà a bersagliare l’insegna luminosa, verrà pagato. La società “Cognac-Spaak”, dovendo continuare a riparare i danni, fallisce e le notti di Marcovaldo sono finalmente buie e suggestive finché, poco tempo dopo, viene montata una nuova scritta luminosa che lampeggia ogni 2 secondi ed è più grande della precedente: è quella della “Cognac-Tomawak”.

La pioggia e le foglie[modifica | modifica sorgente]

Oltre al suo lavoro da magazziniere, Marcovaldo deve curare la pianta che decora l’ingresso della sua ditta. Con il passare del tempo si appassiona e decide di farla crescere nel modo migliore possibile: prima la innaffia con cura, poi decide di metterla nel piazzale a prendere la pioggia, infine la porta a casa in modo che possa essere accudita anche nel fine settimana. La crescita è prodigiosa e il lunedì il magazziniere-capo, il signor Viligelmo, vedendo l’albero ormai troppo alto per la saletta d’ingresso della ditta, ordina a Marcovaldo di portarlo al vivaio e di farsi dare una pianta più piccola. Marcovaldo si rimette in strada, ma il vegetale non riesce a resistere a quest’ultimo viaggio: perde tutte le foglie e si secca.

Marcovaldo al supermarket[modifica | modifica sorgente]

Alle sei di sera Marcovaldo e la sua famiglia, come moltissime persone, frequentano negozi e supermercati della città, ma, a differenza degli altri, non comprano nulla perché non possono permetterselo. Una sera entrano in un supermercato con un carrello ciascuno e, per un po’, resistono alla tentazione di riporvi anche solo una delle merci degli scaffali, ma, ad un certo punto, non ce la fanno più e trasformano il carrello in un cumulo di prodotti ambulante. Arrivata l’ora di chiusura tutti i consumatori si affannano a terminare le compere e a raggiungere le casse e Marcovaldo, Domitilla e i figli cercano in tutti i modi di svuotare il carrello. Alla fine, girando per il supermercato, trovano un’area in costruzione e lasciano tutti i prodotti nella benna di un’enorme gru.

Fumo, vento e bolle di sapone[modifica | modifica sorgente]

In primavera la cassetta della posta di Marcovaldo inizia a riempirsi di buoni omaggio della ditta Blancasol, produttrice di saponi. Anche altre aziende concorrenti la copiano e in tutta la città le cassette della posta si riempiono di foglietti promozionali. I figli di Marcovaldo fiutano l’affare e li rubano in tutto il quartiere, imitati dagli altri loro coetanei. I ragazzi decidono di mettersi in società e, dopo aver raccolto migliaia di buoni, vanno a riscuotere, fra mille difficoltà, i campioni omaggio per poi rivenderli con alterne fortune. Le aziende si preoccupano e denunciano alle autorità la concorrenza sleale. La polizia indaga, ma Marcovaldo, prima che il traffico dei suoi figli venga scoperto, ordina loro di sbarazzarsi dei prodotti. Così i ragazzi con i loro amici gettano tutti i barattoli aperti nel fiume facendo invadere la città da bolle di sapone che, dopo un po’, vengono soffocate dal fumo nero delle ciminiere.

La città tutta per lui[modifica | modifica sorgente]

A ferragosto la città si svuota: se ne vanno tutti, tranne Marcovaldo. L’uomo ne approfitta per passeggiare indisturbato, cogliendo aspetti che prima, preso dalla vita frenetica del cittadino, non riusciva a notare: insetti erranti, muri scrostati, cortecce nodose, ecc. Ad un certo punto, camminando in mezzo alla strada, viene quasi investito da un’auto: esce un gruppo di giornalisti che lo intervista chiedendo il suo parere sullo spopolamento della città durante la metà di agosto. Marcovaldo risponde in modo impacciato finché, alla fine, si offre di aiutare la troupe, dietro pagamento, a preparare un set pubblicitario.

Il giardino dei gatti ostinati[modifica | modifica sorgente]

La moderna città in cui abita Marcovaldo non è più a misura di gatto, ma i felini sono riusciti ad adattarsi all’antropizzazione selvaggia del territorio in molti modi. Marcovaldo è affascinato da queste bestiole e un giorno, seguendo un soriano, si imbatte nel ristorante Biarritz, un locale di lusso in cui preparano cibi gustosissimi. Nel salone da pranzo Marcovaldo nota una vasca piena di trote e decide di catturarne una: lancia una lenza e tira su il pesce. Non fa nemmeno in tempo a prenderlo che il soriano glielo ruba e scappa via. L’uomo insegue il felino fino al giardino di una casa apparentemente abbandonata, circondata da alti edifici in cemento e popolata da tantissimi animali in cerca dell’ultimo rifugio verde della città. Il felino perde la preda, ma, prima di riuscire a recuperarla, Marcovaldo se la vede sottrarre dalla padrona della casa. Nel frattempo arrivano altre persone, abitanti della zona, che lanciano cibo ai gatti e spiegano all’uomo che la casa è abitata da un’anziana marchesa che si rifiuterebbe di venderla a qualsiasi cifra sebbene sia ridotta in povertà. Marcovaldo si fa coraggio e chiede alla padrona della dimora dei gatti la trota, ma lei fa finta di non saperne niente e dà la colpa delle sue sventure agli animali che popolano il suo giardino. Un giorno d’inverno la marchesa muore e qualche mese dopo, in primavera, un’azienda edile, impossessatasi del terreno, inizia a costruire l’ennesimo grattacielo. Nonostante le ingenti risorse, tuttavia, la realizzazione dell’opera è ostacolata dai tanti animali che popolavano il giardino.

I figli di Babbo Natale[modifica | modifica sorgente]

La ditta Sbav obbliga Marcovaldo a vestirsi da Babbo Natale e a consegnare regali ai presidenti delle altre imprese della città, così l’uomo, accompagnato da suo figlio Michelino, inizia il giro. Sembra che tutte le altre aziende abbiano avuto la stessa idea e la città è popolata da Babbi Natale tutti con lo stesso incarico. Ad un certo punto Marcovaldo arriva nella villa del presidente dell’Unione Incremento Vendite Natalizie e consegna il suo regalo al giovane e viziato figlio del presidente. Michelino, che è convinto che il bambino non sia annoiato ma triste perché povero, torna a casa e gli porta tre regali: un martello, una fionda e un pacchetto di fiammiferi. Con questi strumenti il piccolo devasta la sua casa e, il giorno dopo, Marcovaldo viene chiamato dai suoi superiori: teme il licenziamento, ma, in realtà, sono tutti molto contenti dell’accaduto perché hanno trovato nuovi e originali regali natalizi che permettono di distruggere altri beni di consumo facendo ripartire la produzione industriale.