Terremoto dell'Aquila del 1703

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Terremoto dell'Aquila del 1703
Scossa del 2 febbraio
LAquila1703.jpg
Mappa della città dell'Aquila prima del sisma
Data 2 febbraio 1703
Ora 11:05 (CET)
Magnitudo momento 6.7[1]
Intensità Mercalli X
Distretto sismico Aquilano
Epicentro Tra Cagnano Amiterno e Montereale (AQ)
Stati colpiti Bandera de Nápoles - Trastámara.svg Regno di Napoli
Flag of the Papal States (pre 1808).svg Stato pontificio
Maremoto No
Vittime 6 000
 
«La città dell'Aquila fu, non è; le case sono unite in mucchi di pietra, li remasti edifici non caduti stanno cadenti. Non so altro che posso dire di più per accreditare una città rovinata.»
(Marco Garofalo, marchese della Rocca, Lettera al Viceré del Regno di Napoli[2])

Il Terremoto dell'Aquila del 1703 è stato un insieme di scosse che ha interessato l'Italia preunitaria, in particolare l'Abruzzo Ulteriore e la valle dell'Aterno.

La scossa principale si verificò il 14 gennaio 1703 ed ebbe una magnitudo di 6.8[1]. Questa scossa causò una mole di danni pari all'XI (undicesimo) grado della scala Mercalli. Anche il successivo 2 febbraio ci fu un'altra forte scossa con magnitudo di 6.7[1] e con danni stimati al X (decimo) grado della scala Mercalli. L'Aquila venne rasa al suolo e subì danni gravissimi al suo patrimonio artistico e architettonico.

Eventi precedenti[modifica | modifica sorgente]

L'Aquila aveva già subito terremoti catastrofici in passato; nel 1461 si verificò una forte scossa di magnitudo 6.4.[3]

Nel 1639 ci fu il terremoto di Amatrice, di magnitudo 6.2,[3] che colpì la valle del Tronto, mentre altri terremoti più piccoli colpirono Accumoli nel 1627, L'Aquila nel 1646 e Montereale nel 1672.[3]

Eventi sismici[modifica | modifica sorgente]

Inizio dello sciame sismico[modifica | modifica sorgente]

Lo sciame sismico cominciò all'inizio del 1702 con il movimento della faglia del Monte Vettore.[4] La prima forte scossa ci fu il 18 ottobre 1702 al confine tra il Regno di Napoli e lo Stato pontificio, vicino a Norcia, e la magnitudo fu di 5.1.[1] L'evento fu avvertito in tutta l'Italia centrale, inclusa Roma. Il successivo 14 novembre ci fu un'altra scossa con la stessa magnitudo a Spello.[1]

Il terremoto del 14 gennaio 1703[modifica | modifica sorgente]

«Circa le due ore della notte, giorno di domenica li 14 gennaio 1703 fù così terribile terremoto, che si credè essere già la vigilia del giorno del giudizio universale, perché con lo strepitio e sgomento dello scotimento della terra ci fù accompagnato un vento grandissimo ed una pioggia tanto grande, che convenne a molti perire sotto le macerie e ruine del terremoto per non restare annegati nell’acqua.»
(Giovannantonio Petroni, Ad perpetuam rei memoriam, conservato nell'archivio parrocchiale di Vallunga[5][6])

Il 14 gennaio 1703 si registrò la scossa più grande dello sciame a Cittareale, al confine settentrionale dell'Abruzzo Ulteriore.[1] Il sisma avvenne in serata, dopo le 18:00, e viene stimata una magnitudo momento di 6.8[1] causando danni pari al XI (undicesimo) grado della scala Mercalli. Secondo gli storici il terremoto fu generato da tre faglie di Norcia e non da quella del Monte Vettore. Il sisma interessò un'area compresa tra i Monti Sibillini, i Monti Reatini e i Monti dell'Alto Aterno.

A Norcia, già colpita dal terremoto dell'anno precedente, si registrarono molti numerosi danni;[7] nel contado norcino i morti furono circa 1 400 su un totale di 10 767 abitanti. Nell'aquilano le vittime furono oltre 1 600. Il sisma devastò Montereale, provocando la morte di 800 persone su circa 1 000 abitanti. Anche nel circondario di Leonessa i morti furono circa 800. Ci furono anche gravissimi danni ad Accumoli, Amatrice, Antrodoco, Borbona, Cittareale e Spoleto. Aquila e Rieti subirono importanti lesioni ma nelle città non ci furono vittime.

Il terremoto del 16 gennaio 1703[modifica | modifica sorgente]

Il 16 gennaio, solo due giorni dopo, ci fu un'altra forte scossa di magnitudo momento 6.2 che causò danni dell'VIII (ottavo) grado della scala Mercalli. Nuovi crolli avvennero soprattutto ad Aquila dove le torri campanarie delle chiese di Santa Maria di Roio e di San Pietro a Coppito, già pesantemente lesionate dall'evento precedente, crollarono.

Il terremoto del 2 febbraio 1703[modifica | modifica sorgente]

«(...) rovinò buona parte della città, e fu veduto in più luoghi aprirsi la terra (...) la terra continuamente esalava puzzolenti vapori, l'acqua nei pozzi cresceva e gorgogliava, gli acquedotti della città rimasero infranti, e per 22 ore la terra si sentì muovere.»
(Anton Ludovico Antinori, Annali)

Il 2 febbraio, giorno della Candelora, alle ore 11:05,[1] un nuovo devastante terremoto distrusse quasi completamente Aquila, causando gravissimi danni in tutto il contado. Il sisma, che ebbe l'epicentro nei pressi di Cagnano Amiterno, ebbe una magnitudo momento di 6.7[1] e registrò una intensità pari al X (decimo) grado della scala Mercalli.[1] I documenti dell'epoca descrivono la scossa come violenta e ondulatoria, a differenza della prima definita sussultoria. Si tratta del più intenso e devastante, tra gli eventi sismici noti agli storici, ad aver colpito l'area aquilana; l'energia della scossa fu circa 5 volte più grande di quella del terremoto del 2009.

La facciata della basilica di San Bernardino, sopravvissuta al sisma

La quasi totalità del patrimonio artistico e architettonico della capitale abruzzese venne devastato, lasciando intatta solo la cinta muraria. Si salvarono la facciata di Cola dell'Amatrice e il mausoleo di San Bernardino. Alla basilica di Santa Maria di Collemaggio ci fu il crollo del transetto e gravissimi danni all'intera area del presbiterio. Del Duomo sopravvisse solo una parete laterale mentre la chiesa di San Pietro a Coppito subì il crollo della facciata e della torre campanaria e la scomparsa delle cappelle della Concezione e di Santa Margherita. Crollò anche la punta della Torre civica e parte del Palazzo del Capitano. Furono colpiti anche la fontana delle 99 cannelle e le chiese di Sant'Agostino, San Biagio d'Amiterno, San Francesco a Palazzo, San Filippo, San Marciano, Santa Maria Paganica e San Silvestro.

Complessivamente ad Aquila morirono circa 2 500 persone, ossia un terzo degli abitanti di allora (tra gli 8 e i 10 mila), ma il bilancio totale di tutte le vittime ammontò ad oltre 6 000 persone. Il terremoto fu avvertito da Venezia a Napoli. A Roma si registrarono danni al Palazzo del Quirinale e alle basiliche di San Lorenzo e San Pietro.

Ricostruzione[modifica | modifica sorgente]

L'interno barocco della basilica di San Bernardino (1707-1730), con il soffitto ligneo decorato in oro zecchino di Ferdinando Mosca

La ricostruzione portò ad Aquila molti architetti e artisti barocchi, oltre a numeroso personale principalmente lombardo. In breve tempo, sul terreno occupato in precedenza da dimore crollate, sorsero i palazzi delle nuove rampanti famiglie aquilane,[8] mentre molte tra le principali chiese della città vennero modificate secondo lo stile settecentesco.

Gli interventi urgenti riguardarono le abitazioni civili e le infrastrutture. Il primo intervento di ricostruzione del patrimonio architettonico cominciò nel 1705 e interessò il Palazzo degli Agostiniani. Nel 1707 si cominciò a restaurare la chiesa di Sant'Agostino, che fu completata nel 1725.

La basilica di San Bernardino venne ricostruita completamente. I lavori cominciarono nel 1707, grazie all'impegno economico di alcune famiglie, e finirono nel 1730. Alla basilica di Santa Maria di Collemaggio, meno danneggiata, ci furono aggiunte barocche che vennero eliminate nel XX secolo. La stesso successe alla chiesa di San Pietro a Coppito, che fu riportata allo stile originale (il romanico) nel 1971.

La cattedrale dei Santi Massimo e Giorgio (Duomo) subì lavori di ricostruzione molto lunghi, infatti la chiesa fu riaperta solo nel 1780. Il simbolo della ricostruzione settecentesca dell'Aquila è tuttavia considerato la nuova chiesa delle Anime Sante, sorta in piazza del Duomo per volere della Confraternita di Santa Maria del Suffragio.

Note[modifica | modifica sorgente]

Voci correlate[modifica | modifica sorgente]