Transistor

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Il transistor (in inglese transistor, pronuncia transistor) è un componente elettronico in grado di amplificare una corrente elettrica. I transistor si dividono in due categorie fondamentali: a giunzione (anche detti bipolari o BJT) e a effetto di campo (FET). I transistor, normalmente, presentano tre terminali elettrici detti anche "piedini". Nel caso dei BJT i piedini prendono il nome di Base, Collettore e Emettitore. Nel caso dei FET prendono il nome di Gate, Drain e Source. I transistor sono racchiusi all'interno di contenitori (in inglese: case) per lo più standardizzati e individuati da una sigla specifica (esempio TO 220, SOT 223, ecc.). I modelli per circuito stampato possono essere sia per montaggio superficiale (SMD) che per montaggio su foro (THD). I più grandi (per esempio quelli utilizzati sui locomotori ferroviari) si presentano come moduli con le connessioni a vite e possono gestire tensioni superiori a 1000V e correnti superiori a 1000A.

Storia[modifica | modifica sorgente]

I primi transistor ad essere stati inventati (nel 1925) furono i FET, ma non trovarono applicazioni perché di difficile realizzazione e in grado di gestire potenze piccolissime. Una ventina di anni dopo fu inventato il transistor BJT e questa volta si affermò rapidamente soppiantando le valvole termoioniche. Nel 1960 una nuova tecnologia permise di realizzare in quantità industriale anche i transistor FET che venne denominato MOSFET (Metal Oxide Semiconductor FET) e che rapidamente superò in prestazioni i BJT tanto che oggi la maggior parte delle applicazioni utilizza MOSFET o un transistor ottenuto "unendo" le caratteristiche delle due famiglie, detto IGBT e utilizzato soprattutto nelle applicazioni di grande potenza.

La differenza fondamentale tra le due famiglie di transistor è che i BJT controllano una corrente elettrica al variare di una piccola corrente elettrica applicata a uno dei suoi terminali (detto Base), mentre i MOSFET controllano una corrente elettrica al variare di una modesta tensione elettrica applicata al terminale di controllo (detto Gate).


I materiali[modifica | modifica sorgente]

Il componente base dei primi transistor era il Germanio ma fu in seguito sostituito col Silicio che dava prestazioni decisamente superiori. Ancora oggi la quasi totalità dei componenti elettronici, compresi i transistor, è basata sul Silicio. Da pochi anni si stanno affermando nel campo delle tensioni elevate, soprattutto nel caso di potenze non piccolissime, transistor MOSFET utilizzanti come materiale di base il carburo di Silicio (SiC). Per applicazioni speciali ad alte prestazioni si utilizzano transistor FET il cui materiale base è il nitruro di Gallio (GaN).


Il transistor BJT (o bipolare)[modifica | modifica sorgente]

Funzionamento digitale del BJT[modifica | modifica sorgente]

Il transistor BJT può essere utilizzato in funzionamento lineare o digitale. Se utilizzato in funzionamento lineare la corrente controllata è (quasi) proporzionale alla corrente di controllo (cioè la corrente che scorre nella base). Se è utilizzato in funzionamento digitale la corrente controllata può essere solo nulla o pari al valore determinato dal dispositivo da controllare cioè il transistor si comporta come un interruttore. In questo caso, quando il transistor è in conduzione si dice saturo, quando non conduce si dice interdetto.

Nella figura 1 è rappresentato il transistor BJT in funzionamento digitale. E' un esempio che raffigura un transistor che permette di accendere o spegnere una lampadina da 6V. In figura il cerchio con una X è il simbolo della lampadina, mentre il rettangolo con scritto 1 k indica una resistenza elettrica del valore di 1000 Ohm. La linea nera spessa collegata all'emettitore del transistor indica il polo negativo dell'alimentazione. Chiudendo o aprendo l'interruttore si fa circolare o meno una piccolissima corrente nella base (corrente indicata con ). Quando l'interruttore è chiuso (come in figura) la corrente che circola nella base del transistor è (legge di Ohm) dove la costante approssimata 0.6 rappresenta la differenza di potenziale tra la base e il terminale del transistor collegato al polo negativo (nel simbolo del transistor è quello con la freccetta) e che è detto emettitore. Nell'esempio quindi la corrente che circola nella base vale 0.0056 A cioè 5.6 mA. Se supponiamo che la lampadina sia da 5W (come quella dei fari posteriori delle automobili), sempre dalla legge di Ohm ricaviamo che la corrente necessaria per accenderla () vale: I = 5 / 6 = 0.83 A circa cioè 830 mA. Il rapporto tra la corrente controllata ICE e quella di controllo IBE è detto guadagno statico di corrente (normalmente indicato con ) e in questo caso vale h = 830 / 5.6 = 148. Quindi aprendo e chiudendo l'interruttore nel quale passa una corrente molto piccola, possiamo accendere e spegnere una lampadina nella quale passa una corrente molto più grande.

Figura 1

Ma quanto può essere grande il guadagno di un transistor BJT? Dipende da molti fattori e in generale più il transistor è piccolo più è grande il suo guadagno. Così per i transistor più piccoli che possono lavorare con tensioni modeste (inferiori a 100 V) e in grado di controllare correnti inferiori a 1 A (come nel caso dell'esempio) il guadagno è nel campo 100 - 400. Per i transistor più grandi in grado di lavorare con tensioni elevate (fino a 1000 V e oltre) e correnti di parecchi Ampere, il guadagno in genere non supera 30.

Un tempo, se era richiesto un guadagno superiore, si ricorreva alla cosiddetta configurazione Darlington che utilizza due transistor BJT in cascata. Oggi questo metodo è praticamente abbandonato perché l'efficienza di questa soluzione è bassa. Oggi i transistor BJT sono utilizzati in modo digitale soprattutto in circuiti elettronici nei quali le correnti sono piccolissime (pochi mA o addirittura uA) e in quasi tutte le altre applicazioni sono stati sostituiti dai Mosfet e dagli IGBT. I transistor BJT sono stati utilizzati in modo digitale fino a poco tempo fa e a volte sono ancora utilizzati in applicazioni con tensione piuttosto elevata e potenza bassa quando mantenere basso il costo è fondamentale: una applicazione tipica ove si utilizzano ancora i transistor BJT in modo digitale è quella delle lampadine a basso consumo che però stanno scomparendo soppiantate dalle lampadine a LED.

Funzionamento lineare del BJT[modifica | modifica sorgente]

Quand'è che un transistor bipolare funziona in modo lineare? Quando la corrente che circola nella base non è sufficiente a saturarlo. Se consideriamo l'esempio precedente e pensiamo di sostituire la resistenza con una di valore maggiore, per esempio 10 kOhm, la corrente che circolerebbe nella base a interruttore chiuso sarebbe IBE = (6 - 0.6) / 10000 = 0.00056 A pari a 0.56 mA. In questo caso perchè il transistor rimanga saturo occorrerebbe un transistor con guadagno superiore a hFE = 830 / 0.56 = 1480. Se supponiamo che il transistor abbia un guadagno hFE = 200, la corrente che circolerà nella lampadina sarà ICE = 0.56 x 200 = 112 mA e come risultato avremo che, quando viene chiuso l'interruttore, la lampadina si illumina debolmente. Se misuriamo la differenza di potenziale ai capi della lampadina, notiamo che essa è inferiore a 6V ed è per questo che la lampadina fa meno luce. Se misuriamo la differenza di potenziale tra collettore e emettitore vediamo che è decisamente più alta di 0 V. Infatti la somma della tensione ai capi della lampadina e quella ai capi del transistor deve fare 6 Volt che è la tensione di alimentazione del circuito in esame. In queste condizioni il transistor si scalda e dissipa una potenza pari a P = VCE x ICE. Per questo quasi sempre i transistor che lavorano in regime lineare sono montati su dei dissipatori termici.

I transistor BJT trovano oggi il loro maggior impiego proprio in applicazioni lineari come, per esempio, gli amplificatori audio (Hi-Fi).

Figura 2


Transistor NPN e PNP[modifica | modifica sorgente]

I transistor bipolari possono essere di due tipi: NPN o PNP. Il transistor NPN è più comune ed è quello che abbiamo visto nell'esempio in figura 1. In esso, come abbiamo visto, occorre fare passare una corrente tra la base e l'emettitore per mandarlo in conduzione. Se volessimo realizzare lo stesso circuito utilizzando un transistor PNP dovremmo collegarlo come mostrato in Figura 2.

Come si vede il simbolo del transistor PNP è identico a quello NPN tranne la direzione della freccia dell'emettitore. Il fatto che il simbolo del transistor di figura 1 sia racchiuso in un cerchietto mentre quello di figura 2 no non ha alcuna importanza e in generale il cerchietto che racchiude il simbolo di qualsiasi componente elettronico può essere messo o meno a seconda del proprio gusto.

In Figura 2 è stata indicata una tensione di alimentazione di 5V anziché 6V come era in Figura 1, ma questo non influisce sul funzionamento. Vicino alla lampadina è stata aggiunta la scritta "LOAD" (che in inglese significa carico). Come si vede questa volta il carico è collegato tra il collettore del transistor e il polo negativo dell'alimentazione, mentre l'emettitore del transistor è collegato al positivo anziché al negativo. Anche l'interruttore, anziché essere collegato al polo positivo, è collegato al polo negativo. Come si vede quindi il transistor PNP entra in conduzione quando circola una corrente che parte dalla sua base e va verso il negativo dell'alimentazione.

I transistor PNP sono spesso utilizzati in funzionamento lineare in coppia con un transistor NPN con caratteristiche molto simili in circuiti che li vedono lavorare in coppia. In questo caso i due transistor si dicono complementari. Questi circuiti sono tipici degli amplificatori audio Hi-Fi.

Il transistor MOSFET[modifica | modifica sorgente]

In figura 3 sono rappresentati affiancati i simboli di un transistor BJT di tipo NPN (quello che abbiamo visto nello schema di figura 1) e il simbolo di un transistor MOSFET a canale N. Cosa succede se sostituiamo il transistor BJT di figura 1 con un MOSFET? Quello che vedremmo è che una volta chiuso l'interruttore la lampadina si accenderebbe come accadeva con il transistor BJT, ma una volta aperto l'interruttore la lampadina resterebbe accesa. Per spegnerla dobbiamo collegare il gate al negativo dell'alimentazione (cioè al Source).

Questo comportamento è dovuto al fatto che il MOSFET non utilizza una corrente elettrica di controllo (ricordi quei 0.56 mA che avevamo visto in Figura 1?) ma una tensione di controllo: se la tensione applicata al Gate è vicina a 0 il MOSFET non fa passare corrente e la lampadina è spenta. Se la tensione applicata al Gate è superiore a qualche Volt (dipende dal modello di MOSFET) il MOSFET conduce corrente e la lampadina si accende. Il Gate si comporta come un condensatore elettrico per cui quando chiudiamo l'interruttore questo condensatore viene caricato e il MOSFET entra in conduzione. Quando apriamo l'interruttore il condensatore rimane carico per cui il MOSFET rimane in conduzione. Se però colleghiamo anche per un attimo il Gate al polo negativo il condensatore interno al MOSFET si scarica e la lampadina si spegne. In realtà nei circuiti elettronici si mette sempre una resistenza elettrica tra il Gate e il Source per garantire che, una volta tolto il comando di accensione (nel nostro caso quando si apre l'interruttore) il MOSFET si interdica. Questa caratteristica di rimanere in conduzione o in interdizione per un tempo non brevissimo in assenza di una resistenza di scarica viene utilizzato nelle memorie RAM dei computer: se il tuo computer ha una memoria RAM da 8 GB significa che all'interno ha dei componenti elettronici che contengono più di 64 miliardi di minuscoli transistor molto simili ai MOSFET per memorizzare le informazioni che devono essere elaborate.

Figura 4

Come nel caso del BJT, anche nel caso dei transistor MOSFET esiste la versione "rovesciata", detta a canale P che richiede una tensione negativa sul Gate per entrare in conduzione. Il suo simbolo è rappresentato in Figura 4. I MOSFET canale P in pratica sono usati solo nel campo delle basse tensioni e i campi di applicazione maggiore sono quello automobilistico e quello dei PLC industriali dove hanno sostituito i relè.

Come nel caso dei BJT anche i MOSFET possono operare in funzionamento lineare o digitale ma la stragrande maggioranza delle applicazioni li vede operare in funzionamento digitale. Nel funzionamento digitale, rispetto ai BJT presentano il vantaggio di una velocità superiore che permette di ridurre le dissipazioni nei circuiti che operano a frequenze elevate. Inoltre, a parità di potenza da comandare richiedono una potenza di controllo molto inferiore con notevole semplificazione dei circuiti di controllo e aumento dell'efficienza.

Una caratteristica di cui tenere conto nella progettazione di circuiti con transistor MOSFET è la presenza di un diodo parassita che congiunge il Source con il Drain. Nei primi transistor MOSFET questo diodo era molto lento e rappresentava un problema in molte applicazioni. Le nuove tecnologie costruttive hanno permesso di rendere questo diodo molto più veloce e in molte applicazioni risulta utile sebbene in qualche caso rappresenti ancora uno svantaggio.

Da qualche anno sono disponibili transistor MOSFET costruiti utilizzando il carburo di Silicio. Questi componenti sono ottimali in applicazioni digitali veloci ad alta tensione.

Figura 5

Il transistor IGBT[modifica | modifica sorgente]

Come già accennato il transistor IGBT è composto dalla "fusione" di un transistor BJT e di un transistor MOSFET e in molte applicazioni, soprattutto a tensione e potenza elevata, rappresenta la soluzione più adottata. In figura 5 è rappresentato il suo simbolo. Salvo poche eccezioni, gli IGBT sono disponibili solo in configurazione a canale N e dal punto di vista del pilotaggio sono molto simili a un transistor MOSFET sebbene i modelli di maggior potenza richiedano quasi sempre una tensione negativa del Gate (il Gate a tensione 6-8 V inferiore a quella dell'emettitore) in interdizione.

I transistor IGBT sono utilizzati soprattutto per potenze e tensioni elevate e non sono adatti al funzionamento lineare.

In Figura 6 è visibile un modulo contenente un IGBT da 1700V e 800 Ampere.