Sciara Curia

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A sud del viale Mario Rapisardi, a Catania, è possibile incontrare la Sciara Curia, un fondo sciaroso un tempo di proprietà di una famiglia, che in quella zona, oltre ad una villa, possedeva dei terreni messi a coltura.

Sciara Curia: visuale via Ammiraglio Caracciolo e via Fratelli Cairoli
Giacinto Platania, Catania raggiunta dalle colate laviche dell'eruzione dell'Etna del 1669. Affresco nel Duomo di Catania.

Storia[modifica | modifica sorgente]

Tra il 25 Febbraio e l'8 Marzo del 1669 una serie di violenti terremoti squassò il fianco sud-orientale del vulcano Etna provocando danni, crolli e l'apertura di una serie di fenditure tra cui la formazione di due caratteristici coni gemelli detti Monti Rossi da cui fuoriusciva la lava .

Quella fu una delle più spaventose eruzioni che si ricordi e che da 850 metri portò la colata fino a livello del mare nell'arco di 122 giorni, per una lunghezza di circa 15 chilometri. Lo spessore medio della colata fu di 25 metri, mentre il volume di lava emesso fu di circa 950 milioni di metri cubi.

All'epoca Catania contava 20.000 abitanti, i quali per 17 anni avevano convissuto con un vulcano, “a muntagna”, che non metteva paura perché in quiescenza. L’ultima eruzione risaliva, infatti, al 1651.

Il 12 aprile del 1669 la situazione cambiò e le colate laviche, che avevano già travolto diversi paesi etnei, investirono la città di Catania ed anche il fondo di proprietà della su citata famiglia, travolgendo il fiume Amenano, il lago di Nicito, quello che rimaneva dell’acquedotto greco e a distanza di qualche giorno, diversi monumenti di grande importanza storica.

Il paesaggio catanese cambiò per sempre volto e con esso anche il suo reticolo idrografico.

Di quelle colate laviche rimane qualche traccia.

Territorio[modifica | modifica sorgente]

È possibile osservare superfici di lava integre in prossimità del Palasport di Corso Indipendenza ed in via Rametta. Qui, su uno strato di lava compatto, fu costruito il Ferrarotto, un ospedale non più in funzione.

Da notare inoltre, in una traversa del viale Mario Rapisardi, un’abitazione di modeste dimensioni, costruita su uno sperone di roccia.

Punti di interesse[modifica | modifica sorgente]

Villa Curìa[modifica | modifica sorgente]

Villa Curìa è un edificio situato a Catania nei pressi di Sciara Curìa, in un’area compresa tra Corso Indipendenza, Piazza Risorgimento e via Curìa. Sorta nel 1635 fuori le mura cittadine come prima casa di villeggiatura dei gesuiti a Catania, sopravvisse al terremoto del 1693 per poi diventare un’abitazione civile.

La villa è circondata da un prezioso palmeto. Ingloba una tricora di epoca romano imperiale a ridosso dei resti dell’acquedotto romano.

Sciara Curia: vegetazione spontanea

Altri elementi architettonici importanti sono i merli a coda di rondine, rialzi in muratura eretti a intervalli regolari.

All’interno della villa si trovano degli affreschi, fra cui quello del salone principale, opera di Alfonso Orabona, pittore e decoratore di origine aversana, attivo nel catanese tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo. L’opera ha subito pesanti danneggiamenti a causa dell’umidità.

Di proprietà del Comune di Catania dal 2003, la villa è attualmente in stato di abbandono. Dal 2012 alcuni locali sono stati dati in concessione ad una ONLUS di volontariato animalista che si occupa della cura e del mantenimento della colonia felina presente nell'immobile.

Nel 2008 allʼinterno della villa è stata girata qualche scena del film La matassa di Ficarra e Picone.

Sciara Curia: formazioni laviche e vegetazione spontanea deturpata da scarti e rifiuti

Bibliografia[modifica | modifica sorgente]

  • “Etna 1669: storie di lava a 350 anni dalla grande eruzione" di Rosalba Panvini e Franco La Fico Guzzo. Regione siciliana, Assessorato dei beni culturali e dell'identità siciliana, Dipartimento dei beni culturali e dell'identità siciliana, 2020.
  • “Visitare i luoghi dell’eruzione” di Giambattista Condorelli. Club Alpino Italiano - Sezione Catania.
  • “La devastante eruzione del 1669, tra storia, natura e scienza” di Giuseppe Sperlinga. Articolo sulla rivista "Tecnica e Costruzione" - Giugno 2013.

Collegamenti esterni[modifica | modifica sorgente]