Calipso

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È un personaggio della mitologia greca ed il suo nome Calipso, deriva dal verbo greco «nascondere». La divinità marina di Calipso è presente in tante leggende ma in questo caso è l’Odissea, dove viene indicata come una ninfa. Calipso fu punita dagli dei per essersi schierata dalla parte del padre nella Titanomachia. Fu costretta a rimanere sull'isola di Ogigia, dove le Moire mandavano uomini bellissimi ed eroici di cui non faceva che innamorarsi, ma che poi dovevano partire. Secondo il racconto dell'Odissea di Omero era figlia di Atlante e viveva sull'isola di Ogigia, che viene indicata come la dimora di Calipso. Calipso abitava in una grotta profonda, con molte sale, che si apriva su giardini naturali, un bosco sacro con grandi alberi e sorgenti che scorrevano attraverso l'erba. Ella passava il tempo a filare, tessere, con le schiave, anch'esse ninfe, che cantavano mentre lavoravano.

Nell'Odissea[modifica | modifica sorgente]

Accolse Ulisse sulla sua isola, Ogigia, tenendolo “nascosto” in questo paradiso perduto per sette anni. E ne fu anche l’amante. Offrendogli invano l'immortalità, che l'eroe insistentemente rifiutava. Odisseo conservava in fondo al cuore il desiderio di tornare ad Itaca, e non si lasciò trasportare. Zeus allora mandò Ermes per convincere Calipso a lasciarlo partire e lei a malincuore acconsentì. Gli diede legname per costruirsi una zattera, e provviste per il viaggio.

Giovanni Pascoli parla di Calipso[modifica | modifica sorgente]

E il mare azzurro che l’amò, più oltre spinse Odisseo, per nove giorni e notti, e lo sospinse all’isola lontana, alla spelonca, cui fi oriva all’orlo carica d’uve la pampinea vite. E fosca intorno le crescea la selva d’ontani e d’odoriferi cipressi; e falchi e gufi e garrule cornacchie v’aveano il nido. E non dei vivi alcuno, né dio né uomo, vi poneva il piede. Or tra le foglie della selva i falchi battean le rumorose ale, e dai buchi soffi avano, dei vecchi alberi, i gufi , e dai rami le garrule cornacchie garrian di cosa che avvenia nel mare. Ed ella che tessea dentro cantando, presso la vampa d’olezzante cedro, stupì, frastuono udendo nella selva, e in cuore disse: – Ahimè, ch’udii la voce delle cornacchie e il rifi atar dei gufi ! E tra le dense foglie aliano i falchi. Non forse hanno veduto a fi or dell’onda un qualche dio, che come un grande smergo viene sui gorghi sterili del mare? O muove già senz’orma come il vento, sui prati molli di viola e d’appio? Ma mi sia lungi dall’orecchio il detto! In odio hanno gli dei la solitaria Nasconditrice. E ben lo so, da quando l’uomo che amavo, rimandai sul mare al suo dolore. O che vedete, o gufi dagli occhi tondi, e garrule cornacchie? –

Note[modifica | modifica sorgente]

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Sitografia[modifica | modifica sorgente]