Vittorio Emanuele II di Savoia

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Vittorio Emanuele II di Savoia

Ritratto di S.M. Vittorio Emanuele II.jpg

Nome
Cognome
Sesso
Luogo di nascita
Data di nascita
Luogo di morte
Data di morte
Attività
Vittorio Emanuele II
di Savoia
M
Torino
14 marzo 1820
Roma
9 gennaio 1878
Re del Regno di Sardegna, Re del Regno d'Italia


Vittorio Emanuele II di Savoia (Vittorio Emanuele Maria Alberto Eugenio Ferdinando Tommaso di Savoia), nato a Torino il 14 marzo 1820 e morto il 9 gennaio 1878 a Roma. È stato l'ultimo re del Regno di Sardegna ed il primo sovrano del Regno d'Italia (1861-1878). È conosciuto come Re gentiluomo, poiché mantenne lo Statuto Albertino.

Insieme a Giuseppe Garibaldi e Camillo Benso, conte di Cavour, viene considerato uno dei padri fondatori d'Italia.

Infanzia[modifica | modifica sorgente]

Vittorio Emanuele II di Savoia era figlio di Carlo Alberto di Savoia e Maria Teresa di Toscana. Nacque a Torino, ma i primi anni di vita li trascorse a Firenze, dove fu educato ad una disciplina militaresca.

Vittorio Emanuele II era, d'aspetto, molto diverso dal padre, e questo portò alla creazione di una leggenda, cioè ad una sostituzione del vero primogenito; ciò sarebbe avvenuto a causa della morte del vero successore durante un incendio nella residenza di Ferdinando III quando il bambino era ancora neonato. Nei giorni successivi venne denunciata la scomparsa di un figlio da due macellai. Queste voci sembrano essere talmente reali da essere state riprese da alcuni storici moderni, anche se ormai si conosce la falsità della leggenda per due casi: il primo è che i genitori di Vittorio Emanuele II erano molto giovani e non avrebbero avuto problemi a far nascere un secondo erede, come è effettivamente accaduto; la seconda è una lettera della madre Maria Teresa di Toscana, al padre, Ferdinando III di Toscana, in cui, leggendo, si capisce che il bambino era loro.

Quando nel 1831 Carlo Alberto prese il posto di Carlo Felice di Savoia a Torino, dove Vittorio Emanuele lo seguì e la sua istruzione fu affidata a diversi precettori, che gli imponevano orari da caserma: in una giornata tipica si svegliava alle 5:30, studiava per tre ore, faceva un'ora di equitazione, aveva un'ora di tempo per la colazione seguita da ginnastica e scherma, altre tre ore di studio, mezz'ora per il pranzo seguito dalla visita obbligatoria alla madre e in conclusione pregava per mezz'ora. Però Vittorio Emanuele II aveva scarsissimi risultati in qualunque materia in cui bisognasse studiare o semplicemente leggere, preferendo l'equitazione, la scherma, la caccia e le escursioni in montagna. Quando aveva dieci anni Vittorio Emanuele II fu chiamato dal padre davanti ad un notaio, così Carlo Alberto fece prendere al figlio l'impegno di concentrarsi maggiormente nello studio, promessa che mai mantenne.

All'età di diciotto anni gli fu dato il titolo di colonnello ed il comando di un reggimento militare, cosa che gradì molto, non solo perché così poteva dare sfogo al suo desiderio di fare carriera militare, ma anche perché significava per lui la fine del periodo di oppressione causato dallo studio.

Vita privata[modifica | modifica sorgente]

Nel 1842, dopo aver ricevuto il grado di generale, sposò sua cugina, Maria Adelaide d'Austria, dalla quale ebbe quattro figli. Vittorio Emanuele ebbe anche intense relazioni al di fuori del matrimonio con Laura Bon, da cui ebbe una figlia, e con Rosa Vercellana, da cui ebbe due figli.

Decisioni sul Regno[modifica | modifica sorgente]

Vittorio Emanuele II diventò re del Regno di Sardegna durante la prima guerra di indipendenza, prendendo il posto di suo padre, esiliato in Portogallo in seguito alle sconfitte subite contro l'Austria. Il 4 marzo 1848 dichiarò guerra all'Austria, venendo però sconfitto 25 luglio a Custoza e il 4 agosto a Milano (durante le cinque giornate di Milano) e il 9 agosto firmò l'armistizio con l'Austria. Riprese poi l'ostilità il 20 marzo 1849 e il 23 marzo dello stesso anno Vittorio Emanuele II si recò in una cascina a Vignale dove incontrò il generale austriaco Josef Radetzky, per trattare delle condizioni dell'armistizio firmato dal padre. Il neo re era però deciso ad agire contro il partito democratico che il padre aveva invece favorito. Non revocò però lo Statuto Albertino, costituzione concessa dal padre, nonostante l'insistenza dell'Austria.

Moti di Genova[modifica | modifica sorgente]

Dopo pochi giorni della discussione sull'armistizio, nella città di Genova si verificò una sollevazione da parte del popolo, che cacciò la guarnigione dalla città. Vittorio Emanuele II, d'accordo col governo, inviò un esercito, guidato dal generale Alfonso La Marmora, per calmare la rivolta del popolo. Dopo pochi giorni la rivolta si concluse con la sottomissione, al prezzo di 500 morti.

Vittorio Emanuele scrisse poi una lettera al generale La Marmora, lodandolo e invitandolo a garantire una migliore disciplina.

La politica interna[modifica | modifica sorgente]

Il 29 marzo 1849 il Re si presentò davanti al Parlamento per dichiarare fedeltà, che il giorno decise di sciogliere annunciando nuove elezioni. Il 15 luglio molti elettori si presentarono organizzarono un Parlamento troppo "democratico", che non accettava la pace che il Re aveva già firmato con l'Austria, così Vittorio Emanuele II decise di esporre il Proclama di Moncalieri e sciolse di nuovo il Parlamento, per fare in modo che si proponessero idee più concrete. Il nuovo Parlamento, in due terzi, favorevole al governo. Il 9 maggio 1850 il trattato di pace con l'Austria venne finalmente possibile.

La politica estera[modifica | modifica sorgente]

Maggiore fu la sintonia in politica estera. Vittorio Emanuele potenziò l’esercito, quindi promosse la partecipazione del Piemonte alla guerra di Crimea (1855), che Cavour sfruttò per attirare l’attenzione di Francia e Inghilterra sulla situazione italiana. Poi furono firmati gli accordi segreti di Plombières con Napoleone III, che preparavano la guerra con l’Austria e prevedevano che Vittorio Emanuele diventasse re dell’Alta Italia. Nel gennaio del 1859 il re affermò in un celebre discorso di «non essere insensibile al grido di dolore che da tanta parte d’Italia si alza verso di noi». Scoppiata la guerra, guidò personalmente le truppe piemontesi, entrò a Milano al fianco di Napoleone III e ottenne la vittoria di San Martino. Nonostante l’opposizione di Cavour, accettò l’armistizio di Villafranca, firmato da Napoleone III con l’imperatore austriaco, che assegnava al regno sabaudo soltanto la Lombardia. Grazie all'abilità diplomatica di Cavour, ottenne da Napoleone III l'autorizzazione ad annettere la Toscana e l'Emilia in cambio del passaggio alla Francia di Nizza e della Savoia.

L'unità d'Italia[modifica | modifica sorgente]

Wikisaurus.svg Per approfondire vedi la pagina: Regno d'Italia (1861-1946).


Note[modifica | modifica sorgente]

Bibliografia[modifica | modifica sorgente]

Collegamenti esterni[modifica | modifica sorgente]

Voci correlate[modifica | modifica sorgente]